Il Caucaso
al centro degli interessi internazionali

13/10/2009

13 ottobre 2009   Il Nagorno-Karabakh, un’enclave armena all’interno del territorio dell’Azerbaigian, è da oltre dieci anni motivo di scontro fra Erevan e Baku, ed anche i tentativi di mediazione fra i due paesi del presidente russo Dmitri Medvedev finora non hanno sortito  risultati. L’Azerbaigian gioca ora tutte le carte a sua disposizione per ostacolare il riavvicinamento fra Turchia e Armenia, finché la questione della sovranità sul Nagorno Karabach non sarà risolta.   Armenia e Azerbaigian in passato avevano già elaborato un piano per risolvere la disputa, che prevede il sostanziale ritiro delle truppe armene dal Nagorno-Karabakh e il passaggio della regione sotto la giurisdizione di azera, con lo status di “provincia speciale”. Tuttavia due delle sette regioni che compongono il Nagorno-Karabakh - Kelbajar e Lachin - spalleggiate dagli Armeni statunitensi della diaspora, si sono opposte a questa risoluzione. Baku ed Erevan quindi per scongiurare nuovi conflitti hanno deciso di non procedere.   L’Azerbaigian, alleato della Turchia sin dai primi anni ’90, negli ultimi mesi si è avvicinato alla Russia e si è allontanato dalla Turchia perché Ankara, vicina ad un accordo con l’Armenia, ha smesso di esercitare pressioni sul governo armeno per la restituzione del Nagorno-Karabakh. La Russia dal canto suo vede di buon occhio la normalizzazione dei rapporti fra l’Armenia (alleata di Mosca) e la Turchia, ma allo stesso tempo intende mantenere salda la presa sull’Azerbaigian per accerchiare completamente la Georgia e renderla innocua. Mosca inoltre ha stretto numerosi accordi energetici con il governo turco per portare Ankara nella propria sfera d’influenza ed evitare che gli Europei si rendano indipendenti dal gas russo.   Gli Stati Uniti invece guardano con sospetto alle mosse russe, perché non intendono abbandonare la Turchia – che fa parte della NATO - nelle mani del rivale storico. Washington - che intende contenere l’avanzata di Mosca nel Caucaso - sta quindi esercitando maggiori pressioni sulla diaspora armena affinché non venga raggiunto un accordo definitivo sul Nagorno-Karabakh.   Gli Armeni statunitensi non hanno più molta influenza sul governo di Erevan, ma a quanto pare mantengono ancora saldi legami con quelle regioni del Nagorno-Karabakh che si oppongono all’accordo fra Azerbaigian e Armenia. Inoltre la diaspora armena non vede di buon occhio il riavvicinamento alla Turchia perché il governo armeno, su richiesta russa, ha deciso di accantonare per ora la questione del genocidio del 1915, in cui perirono oltre un milione e mezzo di Armeni per mano dei Turchi.     Con ogni probabilità la disputa sul Nagorno-Karabakh non si risolverà a breve, anche perché gli Stati Uniti non hanno nessuna intenzione di agevolare scelte che mettano in discussione il loro ruolo strategico nella regione.  

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