Tailandia
la ribellione è stroncata, ma non le sue cause

20/05/2010

Il 19 marzo le truppe tailandesi hanno lanciato l’offensiva contro i manifestanti del Fronte Unito per la Democrazia contro la Dittatura (le Magliette Rosse) ponendo fine alla rivolta. Intorno all’una il leader delle magliette rosse, catturato dalla polizia, ha invitato i suoi seguaci a tornare a casa.   Negli scontri cinque manifestanti hanno perso la vita e cinquanta sono stati feriti. Gli ultimi tremila manifestanti sono stati radunati in uno stadio, caricati su diversi autobus e rispediti nelle regioni del nord/nordovest da dove erano arrivati.   L’esercito ha sedato la rivolta evitando di scontrarsi direttamente con i manifestanti e ricorrendo invece alla strategia dell’accerchiamento.   Al di fuori di Bangkok ci sono state proteste delle Magliette Rosse, ma  piuttosto limitate.   A Udon Thani 5.000 manifestanti hanno preso d’assalto il municipio per protestare contro la repressione, invitando la popolazione a sollevarsi contro il governo. Ora la forza delle Magliette Rosse è molto ridotta: quattro importanti leader e molti dei loro vice sono stati arrestati dalla polizia e ora rischiano di essere mandati a morte con l’accusa di terrorismo. Altri dirigenti  hanno abbandonato la scena prima dell’assalto finale, subito dopo che i cecchini dell’esercito hanno ucciso il più radicale dei ribelli, il generale Khattiya Sawadispol, alias Seh Daeng. Il governo ha inoltre congelato più di 100 conti bancari per evitare che i politici in esilio potessero inviare fondi ai ribelli - i conti di Thaksin Shinawatra, ex primo ministro e ispiratore delle proteste, erano già stati confiscati  alla fine di febbraio.   Ma le Magliette Rosse non spariranno. Il movimento si batte contro la disparità economica fra le regioni del Nord e  Nordest (dove vive un terzo della popolazione thai) e la ricchissima Bangkok, dove vive il 10% della popolazione ( la Tailandia ha circa 70 milioni di abitanti). Le Magliette Rosse possono contare su una superiorità numerica schiacciante e continueranno a battersi per avere maggiore rappresentanza all’interno del governo, minacciando direttamente gli interessi della famiglia reale e delle elite burocratiche e militari della Tailandia.   La richiesta di nuove elezioni avanzata dai ribelli alla metà di marzo è stata definitivamente accantonata. Il Partito Democratico (al potere) aveva proposto ai manifestanti nuove elezioni a novembre a condizione che interrompessero subito le proteste, ma dato che l’accordo nonsi èconcretizzato cercherà di restare al potere fino a fine mandato - dicembre del 2011. In questo lasso di tempo il Partito Democratico cercherà di smantellare il movimento,  mettere al bando gli avversari politici e consolidare la presa sul potere.   L’esercito tailandese è uscito rafforzato dalle attuali vicende: sin dallo scoppio della rivolta a metà aprile ha svolto un ruolo attivo per contenere le proteste e garantire un  livello minimo di sicurezza nel paese. I militari useranno il prestigio acquisito per consolidare la propria influenza sull’establishment del paese.   L’instabilità politica della Tailandia rischia di degenerare nei mesi a venire: ora che l’anziano re Bhumibol Adulyadej, in carica dal 1946, è malato e si avvicina alla fine, è probabile che si accenda la lotta per il potere fra i vari attori nel paese.   A cura di Davide Meinero

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