Guerre per la legalità
in Pakistan

15/06/2010

Riassunto da un articolo di Katryin Allawala apparso su ‘Foreign Affairs’ il 01/06/2010, intitolato: Laying down the Law in Pakistan.  

 

Nel maggio scorso il governo pakistano ha bloccato diversi siti Internet (Facebook e YouTube inclusi) dopo aver appreso che qualche utente incoraggiava l’irrisione, tramite vignette, di Maometto.

Il provvedimento è un sintomo non tanto dell’avanzare dell’islamismo, quanto del braccio di ferro in atto fra la magistratura e il governo a partire dal 2007, anno in cui cadde il governo militare di Musharraf, dopo una storia di scontri fra il potere politico e quello militare che inizia con la creazione dello stato.  

Ha rilevato Humayun Akhtar Khan, segretario generale della Lega Musulmana: «Da quando esiste il Pakistan esiste la lotta tra i politici e i generali. Quando assumono il potere, i generali cercano più legittimità e i politici  più potere. Insieme hanno ridotto a pezzi la costituzione». Questa lacerazione della costituzione tramite continui e contrastanti emendamenti, con negazione costante dell’indipendenza dei giudici, ha portato qualche anno fa ad una conseguenza sorprendente: la nascita di  un movimento di avvocati, raccolto attorno all’obbiettivo di restituire alle proprie funzioni Iftikhar Muhammad Chaudhry, il capo della magistratura deposto manu militari da Musharraf. Alla fine dello scontro politico, fu Musharraf a dover lasciare il potere e il paese. Per la prima volta nella storia del Pakistan, il governo e l’ordinamento giudiziario ebbero la meglio su quello militare. La speranza di tutti era che una magistratura più forte avrebbe impedito una eccessiva concentrazione di  potere e mantenuto l’equilibrio. Oggi però si stagliano all’orizzonte fuochi di guerra tra magistratura e stato.

Nel 2010 il governo ha deciso di modificare la costituzione riducendo i poteri del Presidente della Repubblica e attribuendo ai presidenti dei partiti politici il potere di far decadere i parlamentari che dovessero votare in contrasto con le direttive del partito. Questo significa che Sharif – capo del partito PML che fa parte della coalizione oggi al governo – può far cadere l’esecutivo tramite i parlamentari del suo partito, pur non avendo nessuna carica pubblica. Zardari, Presidente della Repubblica, verrebbe molto indebolito dall’emendamento costituzionale, ma in quanto membro della famiglia Bhutto manterrebbe l’appoggio dei parlamentari più influenti del PPP (ora partito di maggioranza), i quali non accetteranno mai di votare leggi che Zardari non vuole.

La Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale l’emendamento, che è effettivamente pericoloso per la solidità delle istituzioni.

Ma non è detto che la totale indipendenza dei giudici dal potere politico (corrotto e affamato di potere) sia davvero un fatto positivo: anche tra gli avvocati e i giudici c’è molta corruzione e storie di vendette personali. Alcuni sono legati a gruppi religiosi fondamentalisti.  

I militari, il terzo pilastro del Paese, attendono, pronti a muoversi  - come sempre - se la situazione dovesse sfuggire di mano.

 

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