La guerra
senza macchia

07/04/2011

Liberamente tratto da un articolo di George Friedman per Strategic Forecasting, 5 aprile 2011.

Ci sono guerre per interessi economici o strategici, per proteggere la nazione o espanderne l’egemonia. Ci sono guerre ‘ideologiche’, che mirano a diffondere il ‘bene’ nel mondo. E molte guerre si combattono per motivazioni sia economiche sia ideologiche.

Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale è emerso un nuovo tipo di guerra: la guerra umanitaria, che ha lo scopo di evitare inutili sofferenze alla popolazione civile – come nel caso della Libia.

La realtà dei fatti

Nelle guerre umanitarie l’intervento armato è ‘neutrale’, mira soltanto alla protezione delle vittime di un sopruso. Ovviamente anche le guerre umanitarie sono mosse da motivi ideologici, basati sulla Carta delle Nazioni Uniti e soprattutto sul ricordo delle terribili atrocità del passato – la Shoah, il genocidio in Ruanda e Bosnia, etc. In base a questi principi, la comunità internazionale ha il dovere morale di prevenire massacri simili. 

Ovviamente questo viola altri principi della Carta dell’ONU, fra cui il diritto all’autodeterminazione. Nelle guerre internazionali è facile identificare l’aggressore e agire, ma ben più difficile è intervenire nei conflitti intestini senza violare il principio della sovranità nazionale e il diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Nel caso della Libia, Gheddafi che stava vincendo e minacciava di sterminare i nemici in caso di vittoria. Se l’intervento della coalizione avrà successo – com’è probabile – le vittime diventeranno vincitori: l’intervento non si limiterà a proteggere i più deboli, ma cambierà la storia del paese. È evidente l’incompatibilità fra il principio di guerra umanitaria e il principio di autodeterminazione dei popoli.

Una lenta progressione

In questi casi si tenta sempre di intervenire in modo ‘leggero’ nella speranza che il nemico capitoli anche senza investire troppo né in denaro né in impegno militare.

Nel caso della Libia Gheddafi combatterà fino alla fine pur di non finire di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia ed essere processato per crimini di guerra – anche perché al momento non esiste un meccanismo chiaro per negoziare l’immunità. Il Colonnello non ha certo dimenticato la vicenda di Slobodan Milosevic che, nonostante le promesse di immunità, finì comunque di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia.

Non intervenendo in modo pesante, per evitare di fare morti fra i civili, l’intervento umanitario rischia di trascinare la guerra per le lunghe. Il risultato? Il regime resiste per un lungo periodo e i civili continuano a morire ugualmente. Nel caso delle Libia poi non va dimenticato che la maggior parte dei leader dell’opposizione sono ex alti funzionari del governo Gheddafi, inevitabilmente compromessi nelle passate atrocità del regime. E allora che fare?

Implicazioni politiche

Chiaramente anche dietro alle guerre umanitarie vi sono motivazioni politiche. Molti affermano che la Francia sia intervenuta in Libia per mettere la mani sul petrolio. Ma Gheddafi era ben felice di vendere il petrolio all’Europa, non occorre una guerra per avere accesso alle risorse libiche. Qualcuno sostiene invece che la Total (francese) e la BP (inglese) abbiano spinto i rispettivi governi a intervenire per spodestare l’ENI, che controllava la maggior parte dei giacimenti. È difficile però credere che Sarkozy e Cameron rischino la carriera politica per gli interessi di qualche azienda petrolifera. 

E qui ritorniamo al dilemma delle guerre umanitarie: spesso si trascinano troppo a lungo perché l’interesse continui – anche perché i risultati stentano ad arrivare. Allora le potenze che si sono impegnate nella guerra umanitaria o abbandonano il paese alla propria tragica sorte e se ne vanno - come è successo in Somalia - o rimangono e si impantanano in una guerra civile lunghissima, che produce un tragico numero vittime – come in Iraq. La maggior parte delle imprese che hanno dato risultati positivi nella storia umana sono state intraprese per puro interesse, senza pensare assolutamente al benessere altrui – anche perché se ci sono obbiettivi chiari la strategia viene studiata con precisione e messa in atto con determinazione. Si pensi all’Impero Romano e all’Impero Britannico.

Il Nordafrica è un ambiente sociale e geografico difficile, che lascia poco spazio di successo all’improvvisazione.  

Ovviamente sono tutti concordi sulla necessità di cacciare Gheddafi per il bene dei Libici, dell’Europa e anche dell’America. Ma non è per niente chiaro che cosa accadrà dopo.

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