La lunga insurrezione
a Wukan

23/12/2011

23 dicembre 2011

Dopo mesi di proteste, nel villaggio di Wukan (provincia del Guangdong) la situazione si è tragicamente aggravata un mese fa, in seguito alla morte di uno dei leader delle contestazioni che si trovava sotto la custodia delle autorità locali. Ieri i cittadini di Wukan hanno accettato di terminare la protesta e iniziare le trattative con il governo locale – ma forse sarà necessario il coinvolgimento del governo nazionale.

Questa è solo uno dei molti casi che negli ultimi anni hanno visto la popolazione cinese opporsi alla confisca di terre, per alimentare il boom degli immobili e l’urbanizzazione, e portar denaro alle casse del governo locale. In questo caso la protesta è iniziata mesi fa, quando la Fengtian Livestock Company e la Country Garden si sono accordate per sfruttare terreni contesi, reclamati dagli abitanti del villaggio per poterli coltivare.

Perché dunque il caso di Wukan è differente?

Innanzitutto per la durata dell’insurrezione: quattro mesi. In secondo luogo, per i suoi numeri: anche se le persone impegnate attivamente nelle manifestazioni sono state circa un migliaio, l’intero villaggio è stato unito contro il governo locale. Inoltre a far la differenza è la risposta: le autorità hanno esautorato i funzionari locali e posto il blocco all’uscita e all’ingresso  del villaggio, che rimasto del tutto isolato. 

L’intervento delle autorità provinciali o del governo centrale è abituale in questo genere di rivolte, ma nel caso di Wukan la reazione è stata piuttosto lenta. Ciò ha fatto sì che la situazione si aggravasse, raggiungendo livelli di emergenza che ora si tenta di far rientrare, da un lato impiegando la forza e, dall’altro, con un atteggiamento più conciliante.  

Sino ad ora le proteste sono sempre state contro i governi locali, e le popolazioni si aspettano che   Pechino  intervenga contro i funzionari locali corrotti. Così Pechino è rimasta piuttosto indenne dalle critiche, e ha sempre indotto il governo locale a qualche sorta di compromesso. Ma ora che l’economia cinese sta rallentando – anche a causa del calo della domanda europea, che frena le esportazioni – le rivolte aumentano e mettono sotto grande pressione Pechino, proprio mentre diminuiscono le risorse economiche a disposizione per accontentare tutti.

Se Pechino sbaglia nell’affrontare queste proteste – e il margine di errore aumenta mano a mano che le proteste si espandono e diventano un movimento unico –  il target delle contestazioni potrebbe spostarsi dai governi locali a quello centrale.

A cura di Valentina Viglione

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