Il gioco delle parti nella nuova Guerra Fredda
Israele, Iran, USA

11/09/2012

 

Molto si dice e si scrive sulla possibilità che Israele attacchi i siti nucleari iraniani, prima che il programma nucleare iraniano abbia raggiunto un punto di pericolosità intollerabile. Nel frattempo il Canada ha deciso di rompere i rapporti diplomatici con l’Iran, le sanzioni internazionali mettono il regime iraniano sotto pressione, ma gli USA paiono frenare Israele perché non lanci attacchi, pur riconoscendo il suo diritto a difendersi. E l’Iran prosegue verso l’armamento nucleare. Se però  guardiamo non alla retorica politica, ma alle azioni concrete e alle conseguenze delle azioni, vediamo una situazione diversa da quella che ci rappresentano i titoli dei giornali.  

L’Iran persegue un programma nucleare che l’ha messo sotto sanzioni economiche da parte di quasi tutti i paesi del mondo. Però la Cina, così come il Pakistan, continua tranquillamente a comperare il petrolio iraniano e molti altri enti in altre parti del mondo trovano il modo di aggirare le sanzioni e continuare a lavorare con l’Iran. L’economia iraniana sopravvive alle sanzioni. Per altro il fatto di avere un programma nucleare ha dato all’Iran una grande visibilità internazionale,  ne ha elevato il rango. Se oggi l’Iran tratta da pari a pari con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU e fa parere una grande concessione che i loro leader siano talora disponibili a trattare con le grandi potenze mondiali,  è la grande conseguenza positiva del programma nucleare. Ma nonostante la violenza verbale contro Israele e l’Occidente, l’Iran non ha ancora dato segni certi di sviluppare davvero armi nucleari, non ha ancora fatto nessuna sperimentazione. Che l’Iran non sia ancora in grado di sperimentare armi nucleari ma intenda farlo al più presto, o che non voglia farlo per timore di superare una soglia critica di non ritorno, è comunque un fatto che l’Iran non ha fatto esprimenti nucleari né in profondità né in superficie. 

In Israele l’opinione pubblica discute da tempo di un possibile attacco all’Iran per distruggerne i siti nucleari prima che possano produrre armi vere e proprie, ma non sono mai state intraprese azioni. Non successe così nel 1981: allora il sito nucleare iracheno di Osiraq fu attaccato e distrutto nella massima segretezza, senza nessuna discussione pubblica previa. Le grandi discussioni pubbliche su possibili attacchi all’Iran che si tengono oggi in Israele sembrano fatte apposta per fornire agli USA la possibilità di esprimere cautela e moderazione. Così come il gesto del Canada di rompere i rapporti con l’Iran – paese con il quale aveva comunque ben pochi rapporti – sembra fatto apposta per far capire all’Iran che l’Occidente è sempre più insofferente della politica iraniana, senza che a dirlo sia direttamente il Dipartimento di Stato americano.

Nel frattempo gli USA hanno dispiegato negli stretti di Hormuz forze navali pronte a reagire a qualunque mossa iraniana possa compromettere le rotte del petrolio, e le milizie filo-iraniane in Siria e in Libano sono in seria difficoltà, ora che il potere di Assad sta sgretolandosi. I Russi stanno riconsiderando la loro politica nei confronti della Siria, dell’Iran e del Grande Medio Oriente e – almeno per ora - non agiscono. Attendono gli eventi. In Iraq la coalizione al potere non riesce a funzionare nell’interesse generale del paese, perché le fazioni continuano a non collaborare, e ogni giorno decine di Iracheni vengono uccisi in attentati, per lo più di matrice sunnita – mettendo in pericolo l’influenza iraniana nel paese, che si esercita attraverso la corposa minoranza sciita.  

Il braccio di ferro fra l’Occidente e l’Iran ricalca sempre più il modello della guerra fredda, e probabilmente finirà prima o poi nello stesso modo: per esaurimento dall’interno del regime degli ayatollah, a seguito del lento ma inesorabile fallimento delle sue politiche. 

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