L'Europa, la Cina
e la corsa ai tesori della Groenlandia

05/02/2013

La Groenlandia ha grandi giacimenti minerari che fanno gola a molti paesi, soprattutto i giacimenti di uranio ed i metalli rari.  

La Groenlandia è ancora un territorio semi autonomo della Danimarca ed intende usare le proprie risorse naturali per ridurre la dipendenza dall'Europa. Questo mette la Danimarca in una posizione difficile, che obbliga a scelte decisive. Dal 2009 la Groenlandia  amministra in modo indipendente le proprie risorse naturali, ma Copenaghen è ancora  titolare della politica monetaria, della politica estera e della difesa. 

Il forte orientamento anti-nucleare della Danimarca ha impedito sino ad ora  l'estrazione dell’uranio della Groenlandia. Nel 1980 la Danimarca ha proibito la costruzione di centrali nucleari e l'estrazione di materiali radioattivi all'interno del territorio danese. Dato che l’esportazione di uranio avrebbe importanti conseguenze per la politica estera, Nuuk – capitale della Groenlandia - deve avere l'approvazione di Copenhagen per procedere con l'estrazione dell’uranio, materiale radioattivo. La maggioranza del parlamento danese pare ora disposto a modificare la politica sul nucleare per permettere l'estrazione dell’uranio groenlandese.

La Groenlandia pare possegga il 10 per cento dei metalli rari presenti sulla terra, di cui oggi la Cina è quasi l’unico fornitore al mondo. Tutti i paesi industrializzati sono alla ricerca di alternative al monopolio cinese, e la  Groenlandia potrebbe soddisfare da sola un quinto della domanda globale. Ma l'estrazione dei metalli rari comporta l'estrazione di elementi radioattivi come l'uranio, perché i metalli rari si trovano quasi sempre accanto a materiali radioattivi.   L’autorizzazione da parte del parlamento danese all’estrazione di materiali radioattivi in Groenlandia è dunque indispensabile anche per lo sfruttamento dei giacimenti di metalli rari.

C’è poi il problema del trattamento dei materiali estratti. Dove farlo? Un forte movimento ecologista si oppone all’idea di trattare i metalli estratti sul terreno della stessa Groenlandia. L’argomento sarà al centro della politica danese nei prossimi mesi.   

Alcuni politici danesi hanno proposto la creazione di una società controllata dallo stato, che investa in attività minerarie groenlandesi e tuteli il paese da altri investitori, come la Cina. Nuuk  però finora si è opposta ad un accordo con la Danimarca per la promozione d’investimenti statali.  La Groenlandia ha più volte palesato la propria volontà d’indipendenza. A inizio 2013 ha anche rifiutato di concedere l’esclusiva all’Unione Europea sui propri depositi minerari.

Gli Europei temono il coinvolgimento cinese in Groenlandia. A dicembre 2012 Nuuk ha approvato una legge che consente alle società straniere di utilizzare propri lavoratori sul territorio groenlandese. Con una popolazione di 57.000 abitanti, la Groenlandia non ha né  la manodopera né il know-how per sviluppare imprese estrattive e costruire infrastrutture. Imprese cinesi hanno già offerto di sviluppare la rete stradale dell'isola, costruire aeroporti e ampliare il porto di Nuuk, trasferendo in Groenlandia  migliaia di lavoratori cinesi. I progetti sono soltanto sulla carta, perché il settore minerario groenlandese è ancora in fase di esplorazione. Tuttavia secondo l'Unione Europea solo il 15 per cento delle aziende minerarie che hanno qualche  progetto in Groenlandia sono europee. Più della metà sono australiane e canadesi.

La Danimarca ha ancora una considerevole influenza sulla Groenlandia. È il principale partner commerciale dell'isola, ed ha molti legami culturali, oltre ad avere il controllo della politica estera e di difesa. Cercherà d’influenzare l'orientamento della Groenlandia verso l'Europa, mettendo in evidenza i rischi di sfruttamento da parte di paesi non-europei. Decisioni cruciali dovranno esser prese nei prossimi mesi: a tutta l’Europa conviene  seguire la vicenda con attenzione.  

 

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