Cina
il ciclo di espansione e il crollo del potere centrale

11/03/2013

Nella storia della Cina è evidente uno schema ricorrente di eventi: il potere di una dinastia si allarga su territori sempre più ampi, per creare stati cuscinetto e per raggiungere frontiere sicure, ma dopo qualche tempo il controllo centrale vacilla, si sviluppano tendenze indipendentistiche locali e la dinastia si spezza e cade. 

Segue un periodo di instabilità, finché riesce a instaurarsi un nuovo potere centrale che, a sua volta, si amplia troppo, e il ciclo si ripete. La dinastia Tang, ad esempio, riconsolidò il potere centrale cinese dopo il crollo della dinastia Sui. I Tang espansero i propri territori e la propria influenza a est verso la Corea, a ovest lungo la Via della Seta e a sud in Indocina (mappa a destra). La Cina dei Tang divenne così una grande potenza commerciale che collegava l’Europa all’Asia meridionale. Per mantenere un simile impero era necessaria una burocrazia capace ed estesa su tutto il territorio, ma col passare del tempo le burocrazie delle regioni più ricche o più remote acquisirono potere a scapito del potere centrale. Alla fine l’impero dei Tang si frazionò in molteplici stati minori guidati da signori locali.

Questo schema si ripeté con la dinastia Song, che riuscì a riunificare la Cina, ma fu poi scalzata dalla dinastia Yuan, proveniente dalle pianure della Mongolia. Sotto gli Yuan la Cina arrivò a espandersi tanto da tentare l’invasione del Giappone e dell’Indonesia prima di sgretolarsi.

Quando anche gli Yuan caddero vittime di questo ciclo storico, furono sostituiti dai Ming, che furono a loro volta rovesciati dai Manchu, i quali instaurarono la dinastia Qing, che fece la stessa fine (mappa a sinistra). A questo punto vennero poste le basi per una Cina moderna e per il consolidamento al potere del Partito Comunista.

Questa è una presentazione molto semplificata della storia cinese, ma se osserviamo la Cina di oggi notiamo segnali di pericolo dell’indebolimento del potere centrale, che ricordano i cicli dinastici. Il governo cinese sta infatti cercando di colmare lacune sempre più ampie all’interno delle strutture economiche e sociali, originate dalla rapida crescita industriale. Vi sono fratture profonde tra la popolazione urbana e quella rurale, tra la costa e l’entroterra, tra il nord e il sud. È come se tornassero le vecchie divisioni e le vecchie tensioni.

Le dimensioni e la complessità della Cina, nonché i forti regionalismi, mettono in difficoltà – nella migliore delle ipotesi – il controllo del potere centrale. Con le tensioni economiche degli ultimi anni le difficoltà stanno diventando una vera sfida per Pechino.

Ogni passo del governo per soddisfare le esigenze delle zone rurali o neo-urbanizzate dell’entroterra distoglie risorse e attenzione dalle zone costiere ricche. Ogni tentativo di consolidare l’industria nell’interesse di una stabile macroeconomia nazionale, minaccia gli interessi locali. Così nonostante i rigidi controlli sociali l’autorità centrale comincia a indebolirsi, a causa dei poteri locali e del disagio sociale.

Ciò cui assistiamo oggi in Cina non è dunque una novità o una specificità della leadership comunista: la geografia e la demografia della Cina ripropongono attualmente, pur su basi differenti, le stesse sfide che si presentarono alle dinastie.

La storia non deve necessariamente ripetersi, né è detto che il Partito Comunista sia destinato a perdere il controllo a causa degli interessi economici locali, ma conoscere lo schema di sviluppo e decadenza delle dinastie aiuta a capire la radice dei problemi che Pechino si trova ad affrontare.

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