L'Afghanistan
oggi

27/08/2013

Qualche anno fa gli USA hanno deciso di ritirarsi a qualunque costo dall’Afghanistan. Andandosene, gli USA lasciano ben visibili sul campo i loro fallimenti e le debolezze del governo che hanno tentato di costruire per più di dieci anni, e rischiano di consegnare il paese agli oppositori del regime del Presidente Hamid Karzai – uomo simbolo del governo post-talebano. Ma la decisione è stata presa, e ora si attende l’effettivo ritiro delle truppe.

Fallimenti americani

Alcuni rappresentanti del governo americano non hanno risparmiato critiche nei confronti del governo e dell’esercito afghano, accusandoli di essere corrotti e incompetenti. Alcuni reparti hanno lavorato bene, ma è risaputo che i Talebani avevano già un piano per infiltrare le istituzioni post-talebane poco dopo la loro creazione. I Talebani sono riusciti a far pervenire ingenti somme agli alti dirigenti, tramite membri delle loro famiglie, per comprare la loro fedeltà. Il sistema ha funzionato, in parte perché il denaro in circolazione era molto, in parte perché era chiaro che, dopo la partenza degli Americani, i membri del governo sarebbero stati abbandonati a se stessi. D’altronde non è la prima volta che capita: pur di non rischiare la vita, i diretti interessati hanno preferito tenere il piede in due staffe.

Analogamente, nelle file dell’esercito afghano in formazione sono stati arruolati numerosi simpatizzanti dei Talebani: fenomeno meno formalizzato ma ancor più importante. C’erano sostenitori dei Talebani di ogni rango, come si è visto chiaramente durante l’inaspettata ondata di attacchi ai soldati NATO da parte di uomini che si pensava fossero fedeli al regime. Questo fenomeno si è poi chiamato “green on blue” – perché militari della NATO (in divisa blu) sono attaccati e uccisi da uomini dell’ASF, forze di sicurezza afghane (in divisa verde).    

Sostanzialmente le forze armate afghane sono inaffidabili. Per compromettere l’operato dell’esercito non è necessario che ci siano molti Talebani infiltrati: basta un singolo uomo addestrato a passare ai Talebani informazioni sulle operazioni previste, e quell’operazione è compromessa o rovinata sul nascere.

Gli USA hanno monitorato l’arruolamento nell’esercito afghano con molta superficialità. Il governo americano si giustifica affermando che i formatori non avevano modo di riconoscere gli infiltrati dagli uomini fedeli al governo. La stessa cosa era già successa in Vietnam: si scoprì che il barista di uno dei locali più frequentati dagli Americani a Saigon aveva militato per anni come colonnello nell’Esercito Popolare Vietnamita. 

Ma ecco che cosa gli Americani hanno davvero sbagliato in Afghanistan: hanno sottovalutato i Talebani dal punto di vista culturale. Come già in Vietnam, Washington pensava che, non possedendo tecnologie né un’amministrazione all’americana, il nemico non ce l’avrebbe fatta.

I Talebani hanno perso molti uomini, ma alla fine quello che conta sul campo non è la quantità assoluta delle forze, ma la loro correlazione. Il problema dell’esercito afghano è che alcune unità affidabili ci sono, ma identificarle è impossibile. Karzai ha anche cercato, e spesso è riuscito, a espellere i sostenitori dei Talebani dall’esercito, ma il suo sforzo è stato vanificato dal fatto che la sua stessa amministrazione civile era inaffidabile. Come hanno imparato gli Americani dall’esperienza del Vietnam e del programma di vietnamizzazione del conflitto, gli infiltrati compromettono tutte le operazioni, perché rivelano al nemico informazioni fondamentali circa l’organizzazione tattica e il pensiero strategico che guida l’esercito e, soprattutto, seminano insicurezza e sfiducia a tutti i livelli.  

In una guerra civile non sono la legittimità e il riconoscimento internazionale a determinare la sopravvivenza di un governo, ma è la sua capacità di affermare in modo affidabile la propria presenza nella regione. Molti gruppi in Afghanistan sono forti e coesi, e sono loro –  non il governo afghano – a poter competere con i Talebani. Gli scenari che potrebbero verificarsi sono tanti, tra cui anche la totale frammentazione delle forze, ma è escluso che Karzai riesca a creare un governo nazionale stabile e duraturo: neanche gli Americani ritengono che sia possibile, e ciò è significativo.

Strategie americane

La priorità strategica degli USA è di porre fine al conflitto, lasciando qualche unità sul campo per combattere al Qaeda ma abbandonando ogni tentativo di pacificare il paese. Gli USA sanno che i governi afghani – quello di Karzai o quelli successivi – saranno in ogni caso deboli e frammentati, ma la loro presenza permetterà di trattare i Talebani come un gruppo fra i tanti, lasciando spazio per una transizione all’interno dell’ordinamento esistente. I Talebani potrebbero stare al gioco e proporre di collaborare con il governo, ma sarebbe una messinscena. Karzai non è riuscito nell’intento di contrastare i Talebani. Ora non ha più molte carte da giocare, i suoi sostenitori all’interno del paese lo sanno e stanno pianificando o di emigrare o di chiedere segretamente asilo ai Talebani. Probabilmente gli USA sanno come stanno le cose, ma non vogliono intromettersi. Il governo americano ha dichiarato di voler mantenere un contingente abbastanza numeroso in Afghanistan nel 2014, pur confermando l’intenzione di ritirare le truppe. Washington sa che i Talebani sono il gruppo più potente in Afghanistan, ma sa anche che altre fazioni potrebbero contrastarli. Tuttavia gli USA non vogliono più essere immischiati nella complessa politica afghana: i fallimenti passati li hanno convinti che la situazione non è gestibile e non hanno nessun interesse nel provare ancora.

Gli USA hanno deciso di avviare apertamente negoziati con i Talebani dopo più di due anni di trattative segrete. Molte questioni sono già state affrontate e gli interessi dell’una e dell’altra parte sono noti. Quando i Talebani hanno aperto un’ambasciata in Qatar, Karzai non l’ha presa bene e i Talebani hanno fatto un passo indietro. Ciò significa che i Talebani non vogliono compromettere i tentativi americani volti a portare anche Karzai al tavolo dei negoziati. Per questo hanno fatto un passo indietro quando gli Americani glielo hanno chiesto.  

Per molti aspetti gli USA sono più a proprio agio con i Talebani che con gli altri gruppi fondamentalisti afghani perché, dopo anni di trattative segrete, iniziano a capirli. Ma la priorità americana resta il ritiro – per quanto possibile dignitoso – delle truppe, che sta già avvenendo. Gli Americani ritengono che i Talebani abbiano un numero sufficiente di alleati per continuare a esercitare la propria indiscussa influenza sull’Afghanistan post-occupazione USA. Che questa influenza sia legittimata a livello internazionale e riconosciuta dagli Americani − oppure no − è di secondaria importanza. Quello che conta è la realtà militare sul campo. Karzai non dispone di forze affidabili, e presto la presenza americana sarà ridotta a zero. Il destino di Karzai è segnato. Quello che è ancora da determinare è in quale misura i Talebani riusciranno a controllare il paese dopo il ritiro degli Americani, e se sarà mantenuta una realtà di facciata, come il governo Karzai.. 

Gli USA stanno per chiudere il sipario sulla loro presenza in Afghanistan. Ormai Karzai è un invalido di guerra. I Talebani sono meno forti di un tempo ma più potenti e coesi di qualsiasi altro gruppo nel paese. È però importante sottolineare che altri gruppi esistono. Questo riassume l’intera situazione afghana.

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