La Cina riapre la via della seta

31/10/2013

Il presidente cinese Xi Jinping ha recentemente trascorso 10 giorni in Asia Centrale, compiendo visite di stato in Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan. In ogni paese ha promesso aiuti finanziari e ha espresso la volontà di approfondire la collaborazione diplomatica, energetica e in materia di sicurezza. In Turkmenistan Xi ha inaugurato un giacimento di gas naturale. In Kazakistan ha siglato l’accordo per investimenti di 30 miliardi di dollari in energia e infrastrutture. In Uzbekistan e Kirghizistan ha promesso che gli investimenti e la cooperazione verranno incrementati.

Il tour di Xi rientra nella strategia cinese per evitare di dipendere totalmente dalle rotte marittime sia per i rifornimenti sia per le esportazioni. Se per cause naturali o umane i porti della costa orientale della Cina venissero bloccati, non soltanto l’economia del paese, ma anche la sicurezza del territorio e della popolazione verrebbero messe a repentaglio. Perciò il governo cinese vuole aprire nuove vie terrestri di rifornimento e di commercio attraverso l’Asia Centrale, fino in Europa, e vie di collegamento terrestre con l’Oceano Indiano.

Dal punto di vista geografico, la Cina è una specie di enorme anfiteatro a tre gradoni che salgono verso ovest: dalla costa alle montagne dell’Himalaya, ai deserti dell’Asia Centrale. Nel primo e nel secondo gradone (in verde nella mappa a lato), dove si concentra l’etnia han, vive più del 90% dei circa 1,3 miliardi di abitanti della Cina. L’area è circondata da altipiani, montagne, zone desertiche e steppe ed è sempre stata esposta ad attacchi ed invasioni straniere, in tutta la storia: l’invasione dei cavalieri mongoli provenienti dalle pianure dell’Eurasia Centrale, quella dei Manchu provenienti dalla Siberia orientale, quelle dei Giapponesi nel 1592 e durante la Seconda Guerra Mondiale, avvenute attraverso la penisola coreana e la Manciuria.

Per difendere i Cinesi han da invasioni esterne, le varie dinastie hanno sempre cercato di allargare verso nord e verso ovest i confini, spingendosi il più possibile verso gli altipiani, per inglobarli e pacificarli (il terzo gradone, colorato in ocra nella mappa).

Lo Xinjiang è la regione più occidentale e più remota della Cina. Kashgar, città dello Xinjiang celebre per aver avuto un ruolo di primo piano lungo l’antica Via della Seta, si trova a 4440 chilometri dalla costa. Più volte negli ultimi 2500 anni la regione si staccò dalla Cina, e fu inglobata definitivamente nell’impero cinese soltanto nel XVIII secolo. Un secolo dopo fu ribattezzata Xinjiang, “Nuova Frontiera”. La conquista dello Xinjiang avvenne sotto la dinastia Qing (1644-1911), contemporaneamente all’ascesa della Russia come potenza eurasiatica.

Per Pechino lo Xinjiang rappresenta una miniera di opportunità, che però sono difficili da cogliere. La provincia è ricca di materie prime e può essere utilizzata come corridoio per il trasporto dell’energia: rivestirà quindi un ruolo fondamentale nei piani di industrializzazione dell’entroterra, voluti da Pechino per ridurre i rischi legati a eventuali interruzioni delle rotte del Mar Cinese Orientale e Meridionale. Allo stesso tempo però lo Xinjiang è remoto e desolato, e la sua sicurezza è continuamente minacciata dall’irrequieta popolazione uigura, etnia di fede musulmana e lingua turca, il che frena le ambizioni di Pechino, che lì vorrebbe far passare un complesso di strade, ferrovie e oleodotti che costituiranno il faraonico corridoio trans-eurasiatico.

In ogni caso i progetti transfrontalieri nello Xinjiang non sono mai stati così numerosi; alcuni sono stati soltanto proposti, altri sono già stati avviati, altri sono già in funzione:

-       È stata proposta una zona di libero scambio per i prodotti agricoli lungo il confine tra lo Xinjiang e il Tagikistan,

-       Da tempo si parla di costruire un corridoio via terra che collegherebbe Kashgar al porto pakistano di Gwadar, gestito dai cinesi,

-       La ferrovia Cina-Europa è già in funzione (mappa a lato). Il 17 luglio Pechino ha inaugurato la linea diretta che collega Zhengzhou – la capitale dell’Henan e il più grande centro di produzione nella Cina continentale dell’impresa taiwanese di elettronica Foxconn – e Amburgo. Si prevede che nel 2013 verranno effettuati sei viaggi di andata e ritorno per trasportare prodotti elettronici in Europa. Trasportare le merci su rotaia verso l’Europa costa il 25% in più rispetto al trasporto via mare, ma il tragitto dura soltanto 21 giorni. Per società come Hewlett-Packard (che dal 2011 produce computer nei suoi stabilimenti di Chongqing per poi spedirli in Europa) e DHL (per conto della quale un treno espresso collega Chengdu con l’Europa ogni settimana) i benefici derivanti dalla riduzione dei tempi di trasporto superano di gran lunga i maggiori costi.

I governi di Cina e Kazakistan prevedono che gli scambi commerciali via terra tra l’Oriente e l’Europa si svilupperanno enormemente, e intendono costruire altri binari per rendere il percorso più diretto, meno tortuoso di quello attuale, anche usando tratti di ferrovia già esistenti. In ogni caso l’ampliamento delle vie di comunicazione terrestri dovrà fare i conti con le grandi distanze e i rischi relativi al territorio, alla politica e alla sicurezza, non soltanto in Asia Centrale ma anche nello Xinjiang. I progetti potrebbero diventare facili bersagli dei gruppi separatisti o jihadisti legati al Movimento Islamico del Turkestan Orientale, attivo nello Xinjiang e anche nel Waziristan pachistano. La ferrovia Europa-Cina potrebbe anche subire gli effetti di eventuali cambiamenti politici all’interno della Russia o nelle relazioni tra Mosca e i paesi lungo la linea, soprattutto Kazakistan, Bielorussia e Polonia. Ma il governo cinese pare deciso ad affrontare rischi e difficoltà, anche perché la ferrovia diventerebbe fondamentale per i rifornimenti di armi, munizioni e energia se la sicurezza degli scambi via mare non potesse più essere garantita. Per quanto sia remota questa eventualità, i leader cinesi sanno che la storia del loro paese abbonda di racconti di guerre e invasioni da est, non da ovest.

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