Il sistema bancario
Parte IV

09/09/2014

Le banche raccolgono i risparmi delle persone. Le persone depositano il denaro in banca, e ricevono un interesse. Le banche usano il denaro dei risparmiatori per concedere finanziamenti e prestiti a interesse, ma senza coinvolgere direttamente i risparmiatori nelle responsabilità. Il risparmiatore non soltanto non sa a chi viene imprestato il denaro, per quale scopo, ma può ritirare il denaro dal proprio deposito in qualunque momento, e la banca glielo restituisce − a meno che la banca fallisca − evento catastrofico, non soltanto perché i risparmiatori perdono il denaro depositato in quella banca, ma perché spaventa anche gli altri risparmiatori e le altre banche, che cessano di imprestare il denaro. Così il credito si ferma e si ferma anche l’economia. Per questo gli stati e le banche centrali cercano in tutti i modi di evitare il fallimento di una banca. Le due grandi recessioni in epoca moderna, quella del 1929 e quella che stiamo vivendo, iniziata nel 2008, sono iniziate con il fallimento di alcune banche.

È fondamentalmente tramite le banche che il denaro gira e fa girare l’economia, sotto forma di credito. Ma il credito funziona sulla base della fiducia: il risparmiatore deposita i risparmi in banca se ha fiducia nella banca stessa, la banca concede finanziamenti se ha fiducia nei progetti dei clienti. Imprenditori e famiglie chiedono finanziamenti e mutui se hanno fiducia nel domani, pensano che il loro reddito potrà crescere, e non sarà difficile pagare i debiti.

Come funziona la gestione del credito delle banche?

Ipotizziamo che un gruppo di risparmiatori depositi in una banca 100.000 euro. La banca offre ai risparmiatori il 2% di interesse all’anno. Se i risparmiatori volessero ritirare il denaro prima dell’anno, potrebbero farlo, rinunciando al 2% di interesse.

La banca sa per esperienza che di solito soltanto il 10% dei risparmi vengono ritirati prima della scadenza dell’anno. Perciò ne tiene in riserva 10 000 e ne utilizza 90 000 per concessioni di credito.

Il direttore della banca valuta le richieste di finanziamento pervenute, respinge quelle che non sembrano offrire abbastanza sicurezza di restituzione, e ne accetta due. Impresta 10 000 euro a un giovane che fa il rappresentante e ha bisogno di un’automobile per lavorare, e 80 000 a un fabbricante, per ampliare la fabbrica. Entrambi debbono restituire i prestiti dopo un anno, pagando il 6% di interesse. Se tutto va secondo le previsioni, soltanto un risparmiatore chiede alla banca di ritirare il deposito prima della scadenza, e dopo un anno i due clienti restituiscono 90 000 euro più 5400 euro di interessi, da cui la banca paga 1800 euro ai risparmiatori.

La banca ha guadagnato 3600 euro, i risparmiatori 1800, il fabbricante e il rappresentante sono contenti perché ora lavorano e guadagnano di più. I risparmiatori hanno sempre i loro 90 000 euro in deposito, che la banca può trasformare di nuovo in credito… Sono contenti tutti.

Ma che succede se a ritirare i depositi prima della scadenza si presentano in tanti, e chiedono di ritirare 30 000 euro? La banca ha tenuto una riserva frazionaria di 10000 euro, un decimo dei depositi ricevuti, ma ora ne deve dare subito 30 000 ai depositanti. Come fa? Se li fa imprestare da un’altra banca. Le banche hanno accordi per cui si imprestano il denaro fra di loro a un tasso di interesse basso, il tasso interbancario. In questo momento ipotizziamo che sia 2,5 % annuo.

La prima banca riceve 20 000 euro da un’altra banca, e consegna ai depositanti tutto il denaro richiesto. Gli utili della prima banca si riducono un po’, perché deve pagare 500 euro di interessi alla seconda banca, un po’ di più di quanto avrebbe pagato i depositi dei risparmiatori. Ma su quegli stessi 20 000 euro incassa il 6%, cioè 1200 euro, quindi ha un buon guadagno.

Le banche sono nodi in una rete di rapporti regolati da regole e da contratti, che fanno sì che si imprestino costantemente denaro fra di loro, a condizioni diverse da quelle dei privati, in quello che si chiama il mercato interbancario. Se una banca ha un eccesso di denaro in deposito, anche soltanto per una sola notte, non lo tiene fermo, ma cerca di imprestarlo a un’altra banca in un paese dall’altra parte del mondo, dove è giorno… Così guadagna interessi e il denaro è sempre impiegato, non sta fermo, gira senza interruzione, giorno e notte, in continuazione. E trova sempre nuovi impieghi… Mentre il denaro gira da una banca all’altra, diventa credito che finanzia investimenti in fabbriche, case, scuole, macchine, strade, porti, ricerca, in tutte le attività dell’economia reale, ma nello stesso tempo i risparmiatori sanno che il denaro è al sicuro nei depositi bancari: lo stesso denaro è considerato a disposizione dei proprietari, ma nello stesso tempo diventa credito usato per pagare beni e servizi nel mondo. In questo modo il credito equivale alla creazione di denaro, lo moltiplica – ma temporaneamente, perché alla scadenza i debiti vengono ripagati, e il credito viene eliminato dalla circolazione.

Ma può succedere che i debitori non riescano a pagare i loro debiti. Si dice che questi debiti sono ‘in sofferenza’, anche se a dire il vero in sofferenza sono le banche che dovrebbero incassare – e non incassano. Se la valutazione delle richieste di finanziamento è stata fatta male, o su presupposti sbagliati, può succedere che tante banche si trovino con molti ‘crediti in sofferenza’, cioè prestiti che non vengono restituiti alla scadenza. A questo punto molte banche non sono in grado di restituire i depositi ai risparmiatori, non c’è più abbastanza denaro in circolazione, le banche non si fidano neppur più a imprestarsi denaro fra di loro. Allora di solito ad evitare drammi più gravi interviene la Banca Centrale, che è il ‘prestatore di ultima istanza’, perché − se il denaro manca – può stamparlo.

Ogni moneta ha una banca centrale. Euro o dollari, lire o sterline, franchi o rupie o renminbi, ogni moneta ha una Banca Centrale che ha il diritto-dovere di stamparla, nell’ambito della legge che vige nello stato − o negli stati − che usano quella moneta, e in base alle necessità del mercato.

Le necessità di mercato però possono essere valutate in modo diverso, a seconda della politica che si vuole perseguire, degli obbiettivi che si vogliono raggiungere. Perciò le banche centrali concordano abitualmente la loro politica monetaria con i governi.

Gli strumenti di politica monetaria delle banche centrali sono:

 - la gestione della quantità di moneta che si mette in circolazione. In termini tecnici si dice che la banca centrale gestisce la base monetaria.

In questo esempio la base monetaria in 10 anni viene moltiplicata per 4, cioè allargata del 400 %. Se si trattasse di un esempio vero, un aumento così grande e così rapido provocherebbe una terribile inflazione, tipo quello della repubblica di Weimar o degli ultimi anni dell’Unione Sovietica.

Il secondo strumento di politica monetaria delle banche centrali è la definizione del tasso di interesse sui prestiti che concede alle altre banche. Se questo tasso aumenta o diminuisce, aumenta o diminuisce il ‘costo del denaro’, cioè il tasso di interesse dei prestiti interbancari e dei prestiti che le banche fanno ai privati o alle aziende.

Il terzo strumento di politica monetaria delle banche centrali è la definizione di quali garanzie chiedono alle banche per concedere prestiti. Di solito non sono accettati titoli di enti privati, ma prevalentemente titoli di stato, considerati più sicuri, perché lo stato può aumentare le tasse per pagare i debiti, oppure chiedere alla banca centrale stessa di stampare moneta e metterla a disposizione dello stato. Così è avvenuto nella storia.

Ma in questi anni noi stiamo vivendo rapporti diversi fra la Banca Centrale Europea e i governi. I paesi dell’Unione Europea che sulla cartina appaiono in blu hanno una moneta unica, l’ Euro, gestita dalla Banca centrale Europea, o BCE. La BCE non ha come interlocutore nessun singolo stato. La BCE ha ricevuto dall’Unione Europea il compito di gestire la moneta in modo da mantenere i prezzi stabili, cioè evitando l’inflazione. Per dare alla BCE altri obbiettivi, tutti i governi dell’ Eurozona dovrebbero essere d’accordo a cambiare lo statuto della Banca, ma non lo sono.

I paesi che hanno aderito all’eurozona hanno espressamente voluto togliere ai politici il potere di far stampare moneta, quando vanno al governo. La BCE non può neppure imprestare denaro direttamente a uno stato per pagare i debiti, o gli stipendi, o le pensioni… Stampare denaro provocherebbe inflazione, e gli stati che hanno pochi debiti non vogliono essere afflitti dall’inflazione per pagare i debiti degli stati che spendono troppo. Così gli stati dell’eurozona ora possono pagare i debiti soltanto aumentando le tasse, o facendosi imprestare denaro sul mercato, cioè dai risparmiatori e dalle banche, come se fossero un’azienda qualunque.

Per evitare che gli stati falliscano, la BCE può soltanto accettare in garanzia i loro titoli di debito, quando le banche chiedono prestiti alla BCE. Così le banche greche portano i titoli del debito pubblico greco alla BCE, che in cambio concede prestiti con cui le stesse banche acquistano altri titoli dal loro stato, che danno ancora in garanzia per avere altri prestiti, e così via… Altrettanto fanno le banche italiane con i titoli di stato italiani. Altrettanto fanno le banche di tutti gli stati dell’eurozona che sono in difficoltà perché hanno troppo debito pubblico.  

La BCE stabilisce periodicamente quanto credito può concedere alle banche senza provocare inflazione. Dunque il credito della BCE alle banche ha un limite. Se tutto questo credito viene usato per finanziare il debito pubblico tramite l’acquisto di titoli di stato, sia perché le banche sui titoli di stato guadagnano di più, sia perché i governi esercitano grande pressione sulle banche, il credito non va più all’economia reale, alle aziende.

Oggi alcuni stati europei non falliscono perché le loro banche fanno costantemente scambio di titoli-contro-euro con la BCE. Le banche ci guadagnano, ma rischiano molto, perché sono loro a indebitarsi con la BCE, non gli stati.

Se lo stato italiano ha bisogno di soldi, emette ad esempio BOT, Buoni del Tesoro, per 5 miliardi di euro, da rimborsare 3 anni più tardi. Lo stato convince le banche italiane a comperarli. Lo stato consegna i BOT alle banche, riceve il denaro e lo spende.  Allora emette altri cinque miliardi di BOT a 3 anni e chiede alle banche di comperare anche questi. Le banche danno in garanzia i BOT precedenti alla BCE e si fanno imprestare 5 miliardi, con cui acquistano i nuovi BOT. Dopo poco lo stato ha speso tutto, ed emette altri 5 miliardi di BOT a 3 anni. Le banche danno di nuovo in garanzia i BOT alla BCE per avere la liquidità da dare allo stato, e la cosa si ripete periodicamente.

Se alla scadenza dei primi BOT, dopo tre anni, lo stato non riuscisse a ripagarli, ecco che anche tutti gli altri BOT dello stato italiano non varrebbero più nulla, perché tutti penserebbero che lo stato non potrà più pagarli. Le banche rimarrebbero con un grosso debito verso la BCE, che non impresterebbe loro più nulla, e rischierebbero di fallire, perdendo anche i depositi dei risparmiatori. Lo stato per salvare se stesso e le sue banche avrebbe soltanto una possibilità: aumentare ancora le tasse.

Ma se le tasse sono eccessive schiacciano e fanno fallire le attività economiche, che chiudono e licenziano. Le famiglie diventano sempre più povere, fra disoccupazione e tasse crescenti. Prima o poi il debito pubblico diventa una galera per i cittadini che lo debbono ripagare. È successo negli ultimi anni in Grecia, sta succedendo a noi e ad altri paesi.

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