Geopolitica del Medio Oriente
Parte II - L’assetto attuale

02/10/2015

Dal disfacimento dell’Impero Ottomano e dal ritiro degli Europei da colonie e protettorati emersero nuovi stati con nuovi governi. Tre di questi stati avevano e hanno popolazioni coese, con tradizioni politiche, sociali e militari di lunga tradizione: l’Egitto, la Turchia, l’Arabia Saudita. L’Iran, a est del mondo arabo, è un altro stato di lunga tradizione, che per le popolazioni arabe è un concorrente pericoloso. In mezzo a questo quadrilatero di paesi egemoni giacciono i grandi giacimenti di petrolio, di scarsa importanza prima della rivoluzione industriale, ma che oggi fanno della regione un’arteria vitale per l’economia globale.

I paesi potenzialmente egemoni nella regione hanno necessità diverse, punti di forza e di debolezza diversi, che ne costringono la politica. La Turchia teme soprattutto le possibili rivolte dei Curdi, popolazione di montagna che vive a cavallo fra Turchia, Iraq, Iran e Siria. Ha però l’esercito e l’economia più forte della regione, ed è membro della NATO. Inoltre i Turchi, pur non essendo arabi, godono di grande prestigio nel mondo arabo per aver gestito il Califfato, cioè l’impero islamico, per oltre 400 anni.

L’Egitto ha la popolazione più grande, è sempre stato il principale motore culturale del mondo arabo, ha un grande esercito, ma è un paese poverissimo, con popolazione in larga parte ancora analfabeta.

L’Arabia Saudita ha un’enorme ricchezza petrolifera, un esercito dotato di equipaggiamenti e armi modernissime, ma ha una piccola popolazione e un alto tasso di analfabetismo. L’Arabia Saudita teme soprattutto l’Iran, rivale potente e vicino, temuto anche dall’Egitto e dalla Turchia, soprattutto da quando il governo islamista degli Ayatollah ha preso a esportare l’idea della rivoluzione islamista in tutta la regione, e sostiene, sobilla e arma le rivolte delle minoranze sciite.

Il mondo islamico è infatti diviso lungo linee religiose, oltre che etniche. La divisione religiosa fondamentale è fra sciiti e sunniti, anche se all’interno dei due gruppi principali esistono molti sottogruppi. La rivalità religiosa è sovrimpressa ad antiche rivalità fra gruppi etnici diversi, che parlano lingue diverse, anche se usano l’arabo per la preghiera, così come i cristiani usavano il latino per la preghiera fino a pochi decenni fa.

Si noti come le zone a maggioranza sciita al di fuori dell’Iran siano oggi tutte in preda alla guerra civile: in Yemen i ribelli al-Houthi sono sciiti, in Bahrein anche, in Siria i principali sostenitori di Assad sono sciiti-awaliti che, alleati ad altre minoranze, combattono contro vari gruppi di ribelli islamisti sunniti. In Iraq sciiti e sunniti si uccidono incessantemente fra di loro dopo la caduta di Saddam Hussein, che li faceva convivere col terrore. Se si considera che gli Iraniani sostengono e armano anche Hamas a Gaza, e che hanno finanziato e sostenuto anche gruppi jihadisti nel Sinai, in Somalia e in Sudan, è facile capire perché Arabia Saudita ed Egitto siano in allarme: l’Iran mira a prendere il controllo degli stretti attraverso cui passano le petroliere e i container in transito da e per il Mediterraneo. Ha già il controllo dello stretto di Hormuz, attraverso cui transita il greggio degli Emirati. Anche la Turchia non è tranquilla, con tanti combattenti sostenuti dagli Iraniani attorno ai suoi confini.

Ecco le potenziali forze in campo dei quattro paesi egemoni del Medio oriente: Egitto, Turchia, Iran, Arabia Saudita. 

Il mondo islamico è diviso lungo linee religiose, oltre che etniche. La divisione religiosa fondamentale è fra sciiti e sunniti, anche se all’interno dei due gruppi principali esistono molti sottogruppi.

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