Social media e terrorismo

04/10/2016

Scott Stewart, che è fra i massimi esperti mondiali di antiterrorismo, osserva su Stratfor che i cellulari sono ormai lo strumento più usato dai terroristi per adescare nuove reclute.

A settembre la polizia francese ha arrestato due adolescenti a Nizza e uno a Parigi, accusandoli di preparare attentati su istigazione di Rashid Kassim, francese di 29 anni seguace dell’ISIS che recluta e istruisce agli attacchi usando Telegram. Si ritiene che Rashid Kassim sia stato il reclutatore e istigatore degli assassini del parroco di Saint-Etienne-du-Rouvray e dell’autrice del fallito attentato a Notre Dame. Lo fa senza incontri faccia a faccia, soltanto usando il cellulare. Lo scorso luglio la polizia brasiliana arrestò 10 persone che progettavano un attentato alle Olimpiadi. Non si erano mai incontrate faccia a faccia ma avevano preparato insieme il piano utilizzando Whatsapp e Telegram.

I terroristi hanno sempre usato i mezzi di comunicazione in modo eccellente: gli anarchici di fine ’800 stampavano giornali e volantini, i primi jihadisti stampavano e distribuivano riviste e opuscoli per reclutare combattenti in Afghanistan, Cecenia e Bosnia. Nelle zone controllate dall’ISIS si allestiscono chioschi speciali per la distribuzione di stampati di propaganda. Audiocassette e videocassette di propaganda di al Qaeda e dei Talebani venivano vendute negli anni ’90 in tutti i mercati dell’Afghanistan, dello Yemen, del Pakistan.

Molti attentati terroristici vennero studiati apposta per avere il massimo impatto televisivo, primo fra tutti la strage di Monaco di settembre 1972. Seguì una lunga serie di dirottamenti e sequestri di voli. E tutti abbiamo seguito in diretta TV la caduta delle Torri Gemelle a settembre 2001. Nei recenti attentati in Siria, Francia e Belgio gli attentatori portavano su di sé una videocamera per registrare le fasi dell’attentato, e quelle registrazioni venivano poi trasformate in una specie di videogioco per jihadisti e fatti circolare in tutto il mondo via internet.

Nel 1996 fu creato il primo sito islamista, Azzam.com, in contemporanea con il sito filonazista e antisemita Stormfront. Da allora i siti si sono moltiplicati, divenendo centri multimediali di informazione e propaganda dei diversi gruppi: al Qaeda ha As-Sahab, l’ISIS ha la Amaq News Agency. Nascosti sono invece i canali per i finanziamenti e le armi.

L’ISIS ha usato in modo molto sofisticato ed efficace i nuovi social media per attirare i giovanissimi, facendo circolare video di battaglia accanto a selfie di militanti con teneri gattini o immagini di stili di vita jihadisti ‘a cinque stelle’. Questo insieme contraddittorio crea l’immagine di una vita affascinante e avventurosa, fra la stima e l’amicizia del gruppo, che rende i suoi membri individui dotati di invincibile potenza. Alle giovani reclute l’ISIS promette e fa regali, e attira soprattutto giovani socialmente soli o emarginati, perché mantiene costantemente i contatti via cellulare. A differenza dei computer, i cellulari si possono usare anche per strada, sul tram o a scuola, in camera da letto o al parco. Persone solitarie che sentono fortemente il bisogno di amicizia e di appartenenza possono rimanere costantemente in contatto, ricevere costantemente messaggi di amicizia, incitazioni, attenzione fraterna, proprio mentre si trovano fisicamente in un luogo che avvertono come estraneo o ostile.

È però difficile insegnare a usare gli esplosivi via cellulare, per questo molti attentati fortunatamente falliscono. Al Qaeda fornisce istruzioni tecniche dettagliate per fabbricare e usare esplosivi con la rivista Inspire e con video di istruzioni online, ma non basta: occorre proprio esperienza sul campo per maneggiare gli esplosivi. Ma anche un attentato fallito alimenta il mito dell’espansione capillare dell’ISIS, se ne parlano i mezzi di comunicazione. 

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