Note storiche sulle radici dell’informatica in Piemonte

26/04/2017

Di Marco Papa

 

A Torino, in Via Garibaldi, si trova la splendida Cappella dei Banchieri e dei Mercanti, capolavoro di architettura di recente restauro; nella Sacrestia della Cappella è situato un capolavoro di ingegneria meccanica, realizzato nella prima metà dell’800: il Calendario Universale, ideato dal grande astronomo e matematico Giovanni Plana e costruito intorno al 1832.

Questo Calendario funziona per mezzo di alcuni sofisticati ingranaggi che permettono di visualizzare manualmente tutti i giorni fino all’anno 4000. Può essere considerato un primo esempio di computer, basato su complicati calcoli matematici: ad esempio si pensi al calcolo della Pasqua, che cade sempre nella prima Domenica successiva alla prima luna di primavera: per “programmare” questo Calendario è stato necessario calcolare le fasi lunari dalla prima metà dell’800 fino al 4000.

Giovanni Plana fu un astronomo e matematico eccezionale. Alla Scuola Politecnica di Parigi era stato allievo di un altro grande matematico torinese, Giuseppe Luigi Lagrange. Plana fu Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Torino (all’epoca situato sul tetto di Palazzo Madama in Piazza Castello) dal 1822 al 1864, anno della sua morte. Plana divenne noto a livello internazionale anche grazie alla sua opera principale, la “Teoria del moto lunare” pubblicata in tre volumi nel 1832.

Nel 1840 si svolse a Torino il Secondo Congresso degli Scienziati Italiani: invitato dallo stesso Plana, giunse a Torino un celebre scienziato inglese, Charles Babbage, titolare della Cattedra Lucasiana di Matematica (la stessa che fu di Newton), presso l’Università di Cambridge. Babbage presentò all’Accademia delle Scienze di Torino il suo progetto di “Macchina Analitica”, un calcolatore meccanico per effettuare operazioni di grande complessità come il calcolo delle maree, fondamentale per la navigazione.

Un giovane assistente di Plana, il capitano ingegnere Luigi Federico Menabrea (in seguito divenuto celebre − uno dei principi fondamentali dell’ingegneria porta il suo nome − pubblicò in francese sulla “Biblioteca Universale di Ginevra” una descrizione dettagliata del progetto di Macchina Analitica presentato da Babbage; questa pubblicazione venne tradotta in lingua inglese da una giovane matematica britannica, Ada Byron, Contessa di Lovelace, figlia del celebre poeta Lord Byron. Ada Byron (incoraggiata da Babbage, di cui era amica) aggiunse ulteriori annotazioni alla relazione di Menabrea, osservando che la Macchina Analitica, tramite opportuni programmi ben definiti, avrebbe potuto eseguire qualunque tipo di calcolo matematico, per quanto complesso. Per queste sue considerazioni, pubblicate nel 1843, Ada Byron viene considerata la prima programmatrice di computer della storia.

I disegni del progetto della Macchina Analitica di Charles Babbage sono oggi conservati nella Biblioteca dell’Accademia delle Scienze di Torino: la Macchina venne realizzata soltanto dopo la morte dell’inventore, a causa della complessità e dei costi di realizzazione, uniti al disinteresse da parte del governo inglese dell’epoca; oggi è esposta al Museo della Scienza a Londra come prototipo dei computer odierni.

Nel 1893 si svolse negli Stati Uniti, a Chicago, un Congresso Mondiale sulle applicazioni dell’elettricità, che segnò la nascita ufficiale di una nuova disciplina, l’elettrotecnica. In rappresentanza dell’Italia c’era, fra gli altri, il professor Galileo Ferraris, inventore del Motore a Campo Magnetico Rotante (prototipo dei moderni motori elettrici) e docente al Regio Museo Industriale di Torino, una delle due Scuole di Ingegneria che, unendosi, diverranno in seguito il Politecnico di Torino. Galileo Ferraris era accompagnato dal suo giovane assistente, l’ingegner Samuel David Camillo Olivetti, appartenente a una prestigiosa famiglia ebraica di Ivrea. Dopo la partecipazione al Congresso di Chicago Camillo Olivetti rimase negli USA, trasferendosi all’Università Stanford in California, dove svolse attività di ricerca e di insegnamento nel campo della Fisica.

Rientrato in Italia agli inizi del ’900, Camillo Olivetti fondò a Ivrea nel 1908 l’omonima azienda per la fabbricazione delle macchine da scrivere, che divenne ben presto famosa in Italia e all’estero; l’attività della Olivetti venne estesa successivamente anche alla produzione delle calcolatrici meccaniche ed elettromeccaniche.

Nei primi anni ’50, l’ing. Adriano Olivetti, figlio di Camillo, succeduto al padre nella guida dell’azienda di Ivrea, decise di creare un nuovo settore d’azienda dedicato allo sviluppo dei nuovi Calcolatori Elettronici, entrando in contatto con Enrico Fermi, che si trovava in Italia, su invito di alcune istituzioni, per contribuire alla rinascita scientifica e tecnologica del Paese dopo la guerra. Fermi propose ad Adriano Olivetti di mettere a capo del progetto per il Calcolatore un brillante giovane scienziato, il fisico italo-cinese Mario Tchou, che Fermi conobbe negli USA durante la sua attività scientifica.

Il Dott. Tchou venne assunto da Olivetti, divenendo il responsabile del progetto di sviluppo del nuovo Calcolatore Elettronico, realizzato a Pisa con la collaborazione della locale Università. Dopo una intensa attività di ricerca e sperimentazione, nel 1959 la Divisione Elettronica della Olivetti, diretta dal Dott. Mario Tchou, realizzò il Calcolatore ELEA 9003 (ELEA sta per “Elaboratore Elettronico Automatico): il primo calcolatore al mondo funzionante a transistor, i nuovi dispositivi che amplificano i segnali elettrici permettendo così una maggiore capacità di calcolo, in sostituzione delle valvole usate all’epoca.

Nei primi anni ’60, l’ELEA 9003 venne utilizzato per alcune applicazioni industriali: il lavoro si svolgeva in un apposito Centro Elaborazione situato nei pressi di Milano, in cui i primi programmatori della Olivetti “crearono” letteralmente, con molte difficoltà, i software dedicati alle soluzioni dei vari problemi. Tra loro è doveroso menzionare la Dott.ssa Marisa Bellisario, una delle prime programmatrici italiane, divenuta in seguito responsabile della Divisione americana dell’Olivetti, quindi negli anni ‘80 direttrice generale dell’ITALTEL, azienda di telecomunicazioni.

Fra i primi programmatori che lavorarono all’ELEA9003, occorre anche citare il prof. Lionello Cantoni, che sviluppò alcuni software di ricerca operativa (metodi matematici applicati alla produzione industriale). Il prof. Cantoni contribuì anche agli sviluppi dei sistemi informatici della FIAT; divenne poi un eminente docente al Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino.

Verso la metà degli anni ’60 la Divisione Elettronica della Olivetti si trasferì negli USA, contribuendo allo sviluppo del Calcolo Elettronico in America.

Intorno al 1964 un piccolo gruppo di giovani ricercatori della Divisione Elettronica Olivetti di Ivrea realizzò il primo Personal Computer al mondo, il PROGRAMMA 101, soprannominato anche “Perottina”, dal nome del capo progettista, l’ing. Pier Giuseppe Perotto. Questo geniale inventore aveva già al suo attivo alcune realizzazioni in campo aeronautico (presso il Politecnico di Torino), e alcuni dispositivi meccanici realizzati presso il Centro Esperienze FIAT.

Il PROGRAMMA 101, grande come una macchina da scrivere e dotato di stampante incorporata, venne presentato a New York nel 1965 ed ebbe un enorme successo: ne furono prodotti e venduti oltre 40.000 esemplari, alcuni acquistati anche dalla NASA, che li utilizzò (con i grandi elaboratori della IBM) per effettuare i calcoli necessari alle missioni lunari Apollo.

Occorre infine menzionare l’attività di ricerca svolta dal prof. Angelo Raffaele Meo, altro illustre pioniere dell’informatica italiana e ora Professore Emerito al Politecnico di Torino. Nel 1970 il prof. Meo divenne titolare della Cattedra di Macchine Calcolatrici al Politecnico, una delle prime in Italia. Condusse anche studi pionieristici relativi al riconoscimento vocale da parte dei computer. Questi studi furono svolti negli anni ’70 anche presso un altro centro di eccellenza torinese, il CSELT (Centro Studi E Laboratori Telecomunicazioni), all’epoca appartenente al Gruppo STET. Nel 1979 un gruppo di ricercatori dello CSELT, coordinati dall’ing. Modena, portò a compimento la costruzione dell’Elaboratore MUSA (Multichannel Speaking Automatism – Dispositivo Parlante Multicanale), dotato di una “voce” artificiale creata tramite complessi algoritmi.

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.