ONG e democrazia: è ora di rivedere i ruoli?

02/05/2017

Il giovane Luca Donadel, torinese, sta diventando una delle persone più note in Italia per avere diffuso per primo, usando i social, informazioni raccolte via internet sullo strano fenomeno delle navi private, appartenenti a ONG, che vanno a raccogliere i migranti in mare davanti alle coste della Libia. Ora ha anche raccolto dati su queste ONG e sui loro finanziatori, che consigliamo di scaricare dal suo drive: https://drive.google.com/file/d/0B8_IzmMC_x3OckpXRmxCZXo4YWs/view

Non intendiamo entrare nel merito delle motivazioni dei finanziatori e gestori di queste ONG, né dare alcun giudizio morale sul loro operato, perché ne sappiamo ancora troppo poco. È ovvio che salvare persone che rischiano di morire in mare è opera meritoria. È ovvio che, se si tratta di persone che sfuggono alla morte in guerra, da qualunque tipo di guerra, è meritorio non soltanto salvarli in mare, ma anche facilitare la loro fuga. Ma se si tratta di agevolare e rendere gratuito l’ultimo tratto dell’immigrazione dall’Africa all’Europa − per meglio dire all’Italia − di persone alla ricerca di migliori possibilità di vita, non sono i governi democraticamente eletti a dover decidere come regolarla e organizzarla? Che c’entrano le ONG, cioè le Organizzazioni Non Governative?

Nell’immaginario collettivo le ONG sono gruppi di privati che si raccolgono in sostegno di una qualche nobile causa, senza seguire la politica di nessun governo e senza lasciarsi limitare dalle frontiere; spesso rischiando molto in prima persona per salvare chi è in pericolo. A finanziarli sono i contributi di decine di migliaia di persone che ammirano il loro operato, in varie parti del mondo. In parte questa visione corrisponde a realtà – ma non sempre.

Le ONG sono state un utilissimo strumento dell’Occidente, soprattutto degli USA, per contrastare il comunismo durante la seconda metà della Guerra Fredda. Operando per difendere i diritti civili, per sviluppare la capacità di creare e alimentare reti, di organizzare gruppi, di diffondere conoscenza, le ONG hanno rappresentato una parte molto significativa di quello che chiamiamo il soft power dell’Occidente. A finanziarle furono fondamentalmente i governi, soprattutto il governo americano, ma in modo indiretto, passando attraverso enti privati, associazioni o fondazioni private, che però lavoravano in sintonia con il governo e talora anche con l’esercito.

I governi di altri paesi hanno imparato a usare anch’essi le ONG: l’Arabia Saudita ne finanzia a bizzeffe, anche in Occidente, creando così legami con le élite che vuole influenzare a proprio favore, le quali a loro volta influenzano l’opinione pubblica dei loro paesi. È noto che l’Arabia Saudita contribuisce in modo davvero cospicuo alle fondazioni di alcuni uomini politici americani, inclusi ex presidenti, e alle fondazioni che finanziano le università americane e inglesi, oltre che a quelle dei paesi del mondo islamico.

Ma hanno imparato a usare le ONG anche i privati che hanno grandi ricchezze e grande potere, ad esempio finanzieri come George Soros, che con le sue Open Society Foundations finanzia anche alcune delle ONG coinvolte nelle operazioni di salvataggio davanti alle coste della Libia, come risulta dalle ricerche online di Luca Donadel. Soros, diventato forse l’uomo più ricco del mondo grazie a speculazioni finanziarie molto intelligenti, ma anche molto ardite e spregiudicate, finanzia ONG in oltre 100 paesi al mondo, come dice orgogliosamente sul suo sito. Recentemente il governo ungherese ha chiuso l’Università fondata da Soros a Budapest, la sua città natale (Soros è un ebreo ungherese la cui famiglia lasciò Budapest per l’Inghilterra nel 1947), ma ha dovuto far marcia indietro per la dura reazione dell’Unione Europea.

Molte grandi multinazionali finanziano ONG che li aiutano a costruire simpatia attorno al loro nome – e ai loro servizi − in vari paesi del mondo. Non è questione di valutare se gli scopi dell’una o dell’altra ONG sono davvero disinteressati oppure sono legati a specifici interessi economici e politici − cosa talora estremamente difficile da appurare − ma di valutare che ruolo possono avere, senza entrare in conflitto con la politica dei governi legittimi. Oggi le grandi aziende o organizzazioni che operano a livello globale hanno denaro, mezzi e reti di interessi così ampie da essere più potenti di molti governi. Quando le grandi ONG finanziate da chissà chi entrano in forze nella sfera di responsabilità di governi democraticamente eletti, magari perseguendo politiche opposte a quelle dei governi, mettono o non mettono in pericolo la democrazia? I cittadini che vogliono avere voce nella decisioni che li riguardano debbono ancora sostenere qualche personaggio politico e votarlo alle prossime elezioni, oppure è meglio che si colleghino a qualche costellazione di ONG finanziate da multinazionali, gruppi finanziari e governi stranieri e cerchino di promuovere i propri interessi tramite loro? 

Quando le grandi ONG finanziate da chissà chi entrano in forze nella sfera di responsabilità di governi democraticamente eletti, magari perseguendo politiche opposte a quelle dei governi, mettono o non mettono in pericolo la democrazia?

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