Tecnocrati e politici: chi governa davvero?

09/06/2017

L’amministrazione di uno stato moderno è così complessa e richiede una tale mole di conoscenze specifiche da rendere necessaria non soltanto la formazione di tecnocrati altamente specializzati, ma anche una lunga esperienza per conoscere e gestire la vasta struttura gerarchica attraverso cui ogni ministero opera. Ciò significa che i tecnocrati di lungo corso sono i soli a conoscere il funzionamento delle strutture amministrative che ci governano, dai ministeri fino al più remoto angolo di territorio statale. Sono anche i soli a sapere se una direttiva darà origine a un blocco operativo oppure provocherà il cambiamento desiderato in tempi ragionevoli.

I tecnocrati finiscono così con l’essere i veri gestori dell’amministrazione, al di là delle scelte dei politici democraticamente eletti. È un problema di fondo delle democrazie elettive, che va capito e affrontato. Qualunque governo ha bisogno di un periodo lungo di tempo per poter imprimere allo stato i cambiamenti voluti, e ci riesce soltanto se ha la collaborazione dei tecnocrati di stato. Governi di breve o media durata difficilmente lasciano segni nella gestione dello stato, cioè nel funzionamento dei servizi di sicurezza, sanità, difesa, educazione e ricerca, sviluppo di trasporti e telecomunicazioni, diplomazia, certificazioni e permessi, gestione geologica del territorio.

Negli USA il governo ha il diritto di licenziare e sostituire i tecnocrati, in Europa no. Perciò negli USA i tecnocrati montano spesso campagne ora contro questo ora contro quel politico, per mantenere una posizione di potere oppure per guadagnar meriti in vista di una futura posizione di potere sotto governi successivi. Il potere dei tecnocrati di stato negli USA si basa sulla notorietà che riescono a raggiungere facendo parlare di sé i mezzi di informazione, oltre che sugli alleati che riescono a crearsi nel mondo accademico, militare ed economico. Esempi lampanti sono le interferenze della CIA e dell’FBI nelle recenti campagne elettorali americane, pro o contro questo o quel candidato, tramite ‘leaks’ sibillini.

In Europa invece i tecnocrati sono tradizionalmente legati a questo o quel partito, ed è il partito, non il capo del governo tramite i suoi ministri, a controllare il loro comportamento in quanto servitori dello stato. I partiti fanno a gara per nominare propri tecnocrati in tutte le posizioni di rilievo nelle amministrazioni pubbliche o semi-pubbliche. In questa gara fra partiti esistono regole informali di convivenza e di spartizione dei posti (si pensi al famoso ’manuale Cencelli’ della Prima Repubblica in Italia). Questa è la base del forte potere dei partiti in Europa: ognuno controlla con i propri tecnocrati una fetta dell’amministrazione pubblica e dunque una fetta della spesa pubblica, ognuno può agevolare o ostacolare l’opera di governo tramite i propri tecnocrati. In Italia con la costituzione delle fondazioni bancarie nei primi anni 2000 anche gli amministratori delle banche, che formalmente sono attività private, sono diventati di nomina pubblica.

In Europa i tecnocrati di stato ricorrono raramente all’opposizione aperta, molto più frequentemente ricorrono alla resistenza passiva contro le decisioni di governi e parlamenti con cui non sono d’accordo. Negli USA invece a ogni cambiamento di governo e di politica segue un periodo di conflitto aperto, sostenuto dai media.

Sull’argomento la BBC realizzò negli anni ’80 la lunga e divertente serie televisiva ‘Yes, Minister’, seguita dalla serie ‘Yes, Prime Minister’. Seppur datata, è ancora utile per capire i rapporti fra politici e tecnocrati.

 

 

In Europa i tecnocrati ricorrono alla resistenza passiva contro le decisioni di governi e parlamenti con cui non sono d’accordo. Negli USA invece a ogni cambiamento di governo e di politica segue un periodo di conflitto aperto.

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