Il commercio plasma la cultura

22/12/2018

Volendo esaminare in che modo questo complesso commerciale di portata continentale plasmò la cultura dell’Asia Centrale, è utile concentrarsi su tre distinti momenti che coinvolsero a fondo gli abitanti della regione: in primo luogo, la nascita di città di rilievo regionale che fungevano da grandi depositi commerciali; secondo, la formazione di una classe qualificata di mercanti di professione, con reti di contatti che si estendevano fino a terre molto distanti; terzo, lo sviluppo di economie orientate alle esportazioni e basate su industrie e settori manifatturieri locali di alta qualità.

Il commercio continentale comporta per sua natura la presenza di spedizionieri e agenti provenienti da diversi paesi. I mercanti indiani, per esempio, erano una presenza costante nelle principali città dell’Asia Centrale. Perfino nella Corasmia settentrionale, le cui principali rotte commerciali puntavano verso est e ovest piuttosto che verso sud-est, essi erano una presenza così familiare che gli abitanti della regione adottarono il sistema decimale indiano molto prima che fosse conosciuto in Medio Oriente.

(….) Era inevitabile che gli stessi Centroasiatici diventassero a loro volta abili mercanti e commercianti. Verso il III secolo a.C., la loro presenza era frequente in India e nei grandi centri dell’Iraq, della Siria e della costa mediterranea. La geografia stessa creò diversi gradi di specializzazione: i mercanti di Balkh dominavano il commercio indiano; quelli di Merv puntavano verso ovest; quelli delle regioni più settentrionali – quella di Samarcanda, chiamata Sogdiana, e quella di Kath, chiamata Corasmia – controllavano gran parte del commercio con il Turkestan orientale e la Cina. In poche parole, ognuno sapeva come ricavarsi la propria nicchia, sicché un uomo d’affari di un centro come Akhsikent, nel valle di Ferghana, si sentiva a casa propria a Damasco o a Lahore non meno di un altro proveniente da Merv o Balkh. È illuminante il fatto che uno scrittore medievale cinese, Li Yanshou (618-76), fosse convinto che il sovrano di Bukhara sedesse su un trono a forma di cammello.

Durante i quattro secoli precedenti l’invasione araba, a guidare il commercio eurasiatico furono i mercanti sogdiani di Samarcanda, di Panjikent e delle città vicine. I mercanti sogdiani sembravano spuntare ovunque. Dopo avere stabilito i loro primi punti di appoggio nel Turkestan orientale e poi nella Mongolia Interna, diedero vita ad autentiche diaspore – di proporzioni tali che potremmo definirle più esattamente colonie – lungo le rotte verso la Cina, che permisero loro di dominare per secoli i commerci con quel grande impero. Gli attuali territori orientali del Kazakistan e Kirghizistan sono punteggiati di rovine di antichi insediamenti sorti come colonie mercantili sogdiane. I sogdiani seguirono la stessa pratica lungo tutte le principali strade che portavano in India. L’ambizione senza limiti delle loro case mercantili si estese anche alle rotte marittime, che avevano il vantaggio di richiedere meno intermediari. I sogdiani aprirono così rotte commerciali attraverso il Mar Nero fino a Costantinopoli e da Bassora, in Iraq, fino allo Sri Lanka e a Canton attraverso l’oceano Indiano, istituendo in entrambi i casi proprie rappresentanze stabili.

 

S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d'oro dell’Asia Centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017.

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