Che cosa è una nazione?

10/04/2019

Il grande dizionario Battaglia della Lingua Italiana definisce la nazione come un gruppo umano di presunta origine comune ed effettivamente caratterizzato dalla comunanza di lingua, di costumi e di istituzioni sociali ed eventualmente (ma non necessariamente) unificato o consociato in forma politica o prepolitica. In seconda battuta la definisce più genericamente come “comunità umana etnico-linguistica”.

Da altre fonti si possono trarre definizioni che mettono in evidenza aspetti diversi tra loro, considerati di volta in volta costitutivi del concetto di nazione: dalla consanguineità al riconoscimento di un unico governo, dal riconoscimento di una serie di simboli e miti comuni, a quello di una stessa costituzione.

Nell’andare alla ricerca di una definizione di nazione ci si imbatte quindi in parole ricorrenti: lingua, storia, cultura, tradizioni, etnia, territorio, stato, governo, sangue, origine, razza, religione, costituzione, mito fondante… Eppure, guardando a esempi concreti, molti di questi elementi non paiono così imprescindibili per costituire una nazione: i cittadini degli Stati Uniti − immigrati da tutte le parti del mondo e dunque con origini e appartenenze etniche diverse − si sentono una nazione, sono una nazione. Eliminiamo dunque dalla definizione di nazione le parole sangue, origine, etnia, razza, religione e tradizione e procediamo per tentativi concentrandoci sugli elementi della comune costituzione e di un unico territorio. Anche in questo esempi fattuali sembrano indicarci che non siamo sulla strada giusta, basti pensare alla Catalogna: i Catalani sono cittadini della Spagna da cinquecento anni e la Spagna ha un’ottima costituzione democratica, ma i Catalani sostengono di costituire una nazione diversa e a riprova portano la loro lingua locale, diversa dal castigliano. L’essere sottoposti a una comune costituzione e a un comune governo non pare dunque sufficiente, così come non lo è il fatto di avere un comune mito fondante (quanti di noi oggi si sentono Italiani in quanto eredi della cultura dell’antica Roma?).

Come comprendere dunque il processo di formazione di una nazione e quali elementi possano dirsi davvero essenziali per la sua definizione? Una delle risposte più convincenti ci viene da Ernest Gellner, grande storico del nazionalismo europeo. Gellner ha dimostrato che gli stati nazionali in Europa si sono sviluppati e affermati insieme alla rivoluzione industriale, che ha cambiato il sistema di produzione della ricchezza. Gli stati cercarono di avere territori più ampi, più popolazione e più materie prime perché fosse possibile creare grandi fabbriche, produrre in serie a basso prezzo e vendere i molti prodotti che l’industria poteva sfornare.  Perché tanta gente potesse lavorare insieme nelle grandi fabbriche e uffici, imparando in fretta a usare macchinari e sistemi in rapida evoluzione, gli stati aprirono scuole per maschi e femmine, resero obbligatorio lo studio e l’uso della lingua unica nazionale invece del dialetto. Gli stati istituirono anche la leva obbligatoria per creare grandi eserciti per proteggere non soltanto il territorio ma anche i sistemi di estrazione e trasporto delle materie prime di altre parti del mondo, necessarie per la produzione industriale. Gli stati agevolarono l’avvio delle donne e persino dei bambini al lavoro.

Alla luce di questa evoluzione, oggi nelle università anglosassoni si considera nazione una popolazione che sfrutta le risorse economiche di un territorio, lavorando e commerciando insieme, applicando leggi e regole comuni (che oggi sono laiche, ma nella storia sono sempre state religiose), usando la stessa lingua.  Provvede perciò insieme alla difesa delle risorse e  del territorio, mette in comune parte delle risorse dei singoli (oggi tasse, in passato le elemosine o la decima) per provvedere alle necessità basilari di tutti (giustizia, accesso all’educazione e alle cure sanitarie ecc..).

D’altra parte già gli antichi ritenevano che una stessa ‘gens’ (cioè nazione, fu la Chiesa a utilizzare la parola ‘nationes’ nel Medio Evo per indicare i fedeli di diversi territori) doveva avere in comune il sistema di produzione  economica, la difesa delle risorse del territorio e una legge comune di origine religiosa. 

Non dovrebbe perciò stupire che le grandi crisi economiche e i grandi cambiamenti nei sistemi di produzione e negli scambi commerciali (come quelli avvenuti negli ultimi venticinque anni) producano sconvolgimenti nelle nazioni, spingendole o alla chiusura in difesa o alla frammentazione interna, più spesso a entrambe.

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