Il movimento separatista Sikh

04/04/2023

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Sta rapidamente diffondendosi il sostegno al movimento separatista dei Sikh, che vorrebbero costituire uno stato autonomo, chiamato Kalistan , in alcune province che oggi sono parte dell’India (vedasi la mappa). Il separatismo cresce molto velocemente nelle comunità Sikh che vivono fuori dell’India, soprattutto in Canada, negli Stati Uniti e in Inghilterra. Il leader del movimento è Amritpal Singh, che oggi sfugge al governo indiano che lo vuole imprigionare. È un giovane brillante attivista che critica aspramente il nazionalismo induista dell’attuale governo e sostiene le proteste contadine contro le proposte di liberalizzazione del mercato. Il governo di Modi ha tentato di abolire le misure di protezione dei prodotti agricoli e di aprire il mercato alla concorrenza internazionale, ma ha sospeso le riforme di fronte alla ribellione contadina. 

I Sikh in India son circa 21 milioni, concentrati soprattutto nello stato del Punjab, di cui costituiscono la maggioranza. La loro capitale è Amritsar, dove dal XVI secolo si erge il Tempio d'Oro, o Tempio del dio vivente. Sia la struttura del tempio sia i riti che si celebrano attorno al sacro libro della legge ricordano in modo singolare i riti ebraici. I Sikh hanno a lungo costituito il corpo militare coloniale d’eccellenza dell’Impero britannico. Sono ottimi allevatori e agricoltori.

Il movimento indipendentista Sikh è esempio dei pericoli e delle difficoltà che l’India deve affrontare, a causa della grande diversità fra i territori e le popolazioni che ne fanno parte. L’India è una repubblica federale, la sua storia unitaria è iniziata soltanto sotto l’impero britannico, le popolazioni parlano molte lingue locali diverse e praticano molte religioni diverse. La religione maggioritaria è l’induismo, ma sono numerosi i Musulmani, i Buddisti e i Cristiani, hanno radici locali profonde e salde i Sikh e i Giainisti.

Gli interessi economici, sociali e culturali dei diversi territori sono rappresentati da forti partiti locali, che spesso sono localmente più forti dei grandi partiti nazionali che guidano i governi, obbligando ogni governo a un’estenuante pratica di compromessi e di piccoli passi avanti e indietro nel tentativo di promuovere riforme. 

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