Turchia
analisi di Fiamma Nirenstein

02/02/2009

Il Giornale, 1 febbraio 2009

La Turchia è ancora un mediatore attendibile fra Israele e mondo islamico? L’unico Paese in grado di coniugare la sua storia di laicità con l’Islam, ciò che ne ha fatto un alleato prezioso non a caso candidato all’Unione Europea? Nei giorni scorsi, Tayyp Erdogan si è lanciato contro Shimon Peres a Davos a compimento di alcune settimane in cui aveva detto che Israele deve essere cacciato dall’Onu; dopo aver presenziato al summit di Doha con Ahmadinejad e Assad accusando Israele di crimini di guerra; dopo aver affermato che «Allah punirà Israele per Gaza» e che «le azioni di Gerusalemme la porteranno alla distruzione». Il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha offerto a nome del suo Paese una mediazione fra Hamas e Fatah, mentre nei giorni della guerra emissari turchi hanno viaggiato per tutte le capitali arabe, snobbando Gerusalemme. La Turchia si gioca così il ruolo di mediatore fra Israele e la Siria, 3,5 miliardi di dollari di volume d’affari con Israele, una amicizia strategica di grande rilievo che coinvolge anche gli Stati Uniti.
I motivi della scelta di Erdogan sono basilarmente tre: elezioni, religione, affari. Un insieme che conduce a un cambio di alleanze strategico, e che in generale ci mostra quanto sia importante e pericolosa oggi nel mondo la sirena islamista. Le elezioni si svolgeranno in marzo, e l’elettorato dell’Akp, il partito neo-islamista, è entusiasta della svolta filo Hamas; inoltre Erdogan è sempre impegnato in una battaglia molto dura contro le istituzioni eredi della secolarizzazione di Kemal Ataturk, l’esercito e la giustizia. Tra i 40 arrestati di poco più di due settimane fa ci sono tre generali e nove ufficiali, sospettati di un complotto antigovernativo. Erdogan ha anche deciso di utilizzare i suoi legami religiosi con l’islamismo nella maniera più decisa: nell’ultimo anno è stato accolto ad Ankara il presidente sudanese Al Bashir, proprio mentre la Corte dell’Aja lo accusava di genocidio; Erdogan lodava l’applicazione della Sharia (la legge islamica) in Darfur e lodava Al Bashir per «aver risolto il conflitto». Clamorose soprattutto le accoglienze turche al presidente iraniano Ahmadinejad: Ankara gli ha concesso di partecipare alle preghiere con un bagno di folla alla Moschea Blu, ripreso in diretta dalla tv, mentre in genere i capi di Stato pregano nella moschea di Dolmabahce, riservata a ciò dal protocollo. I due premier hanno firmato due accordi, uno di cooperazione strategica e l’altro per investimenti nel gas iraniano. Inoltre, la Turchia trova un’attiva simpatia iraniana nel combattere i curdi, cosa invece che né l’Europa né gli Usa le garantiscono. La Russia è oggi l’altro grande amico della Turchia, il volume d’affari è molto aumentato, la questione Georgiana è stata occasione di visite e comprensione reciproca.
La Turchia è divenuta oggi un Paese in cui una manifestazione di 200.000 persone ha marciato gridando «morte a Israele» e anche «morte agli ebrei» e Erdogan è stato festeggiato in tutto il mondo arabo per la sua uscita a Davos. E gli israeliani abituati a viaggiare in massa verso le coste Turche, stanno cancellando le prenotazioni. La Turchia forse ha cercato sponde diverse perché è stata troppo a lungo respinta snobisticamente dall’Occidente, ma certo ora dà buone ragioni a chi vuole continuare a farlo. Il punto interrogativo è la prospettiva di lunga durata: la sua scelta di riallineamento potrebbe essere semplicemente la leva ben innestata nella questione dei gasdotti per ricordare all’Europa il pericolo che comporterebbe una Turchia nemica. La minaccia è quella di un affossamento definitivo del progetto «Nabucco», il gasdotto in cui spera l”Europa per bypassare il dominio russo e in prospettiva quello iraniano. La leva è potente perché una Turchia allineata col fronte sciita guidato dall’Iran sarebbe di sommo fastidio per gli Stati Uniti e quindi per l’Europa loro alleata. Un segno dell’incertezza della situazione è data dal fatto che per il momento prosegue la vendita di avanzati aerei senza pilota da parte di Israele alla Turchia: la prima consegna dovrebbe avvenire il mese prossimo.

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