Le battaglie per i diritti delle donne
in Iran

18/02/2009

13 febbraio 2009   Le donne iraniane sono sempre più determinate a ottenere gli stessi diritti degli uomini nella repubblica teocratica dell’Iran, dove la supremazia maschile è sancita dal codice legale. Al momento un matrimonio su cinque termina con un divorzio – quattro volte in più rispetto a 15 anni fa. Questo non riguarda solo le donne più ricche e occidentalizzate. Anche le donne religiose o appartenenti ai ceti meno abbienti si battono per il divorzio e per ottenere la custodia dei figli.   Il maggior livello di educazione e la rivoluzione informatica hanno contribuito a creare una generazione di donne determinate a riappropriarsi del controllo sulla propria vita. Di fronte alle nuove restrizioni legali e culturali scaturite dalla rivoluzione khomeinista del 1979, molte ragazze hanno deciso di studiare per allontanarsi da casa, rimandare il matrimonio e guadagnarsi il rispetto della società. Le donne al giorno d’oggi costituiscono il 60% degli studenti universitari, mentre nel 1982 la percentuale non sorpassava il 30%.   Anche gli uomini iraniani si stanno schierando a favore dei diritti delle donne. Secondo Janet Afary, professore dell’Università di Purdue e autore di “Sexual Politics in Modern Iran”, il paese si sta muovendo inesorabilmente verso una “rivoluzione sessuale”.   Per separare i sessi, lo stato ha costruito scuole e università espressamente per donne e ha migliorato i mezzi di trasporto così da permettere alle donne della provincia di raggiungere facilmente le grandi città, dove sono entrate in contatto con le idee moderne. Secondo Afary, i programmi prematrimoniali istituiti nel 1993 per controllare la crescita demografica hanno aiutato le donne a ritardare la gravidanza e, di conseguenza, a cambiare idea sul matrimonio.   Nonostante alcune conquiste, le donne devono affrontare ostacoli enormi. La poligamia è legale, le ragazze possono essere costrette a sposarsi all’età di 13 anni, gli uomini hanno il diritto di divorziare in qualsiasi momento, possono ottenere l’affidamento dei figli al di sopra dei 7 anni e possono proibire alle donne di uscire di casa.   Le donne ereditano solo la metà di quello che spetta i fratelli, la testimonianza delle donne in tribunale vale metà di quella di un uomo e, nonostante lo stato abbia introdotto alcune restrizioni, la lapidazione è ancora presente nel codice penale come punizione per le donne adultere. Le donne che si rifiutano di coprirsi il capo rischiano la galera e fino a 80 frustate.   Le iniziative volte a migliorare la situazione femminile – come la “Campagna per un milione di firme”, che mirava ad allentare le norme misogine e a garantire maggiori diritti alle donne – sono state duramente represse dal governo.   Secondo alcuni esperti le differenze fra le donne religiose e secolari si sono assottigliate negli anni, dato che ogni donna iraniana ormai si batte contro la discriminazione. Anche se alcune campagne sono fallite, alcuni obiettivi sono stati comunque raggiunti. Ad esempio, il gruppo Meydaan ha ottenuto appoggio internazionale nella sua campagna contro la lapidazione.   Le immagini pubblicate sul sito di Meydaan (www.meydaan.net), che hanno mostrato al mondo la lapidazione di una prostituta, hanno spinto il presidente della magistratura dell’Iran a introdurre una mozione per spingere i giudici a non infliggere condanne simili. Le lapidazioni sono continuate, ma in misura minore, anche perché solo il parlamento ha il potere di vietarle.   Fonte: Nazila Fathi, New York Times

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