Il Sudan
un paese internamente frammentato

11/03/2009

Tratto da un articolo di Stephanie Hanson per il Council on Foreign Relations. Nota del redattore: il Sudan è diviso in 26 welayet, distretti amministrativi che vengono chiamati ‘stati’, ma non hanno indipendenza statale. Ha ufficialmente un governo di forma parlamentare, ma il parlamento è stato sospeso fin dal 1996. In pratica il Sudan è gestito come un califfato, cioè come un impero islamico in cui si applica la sharia, si riconosce l'autorità di un potere centrale personale, e localmente si riconosce l'autorità dei capi-clan .    Guerre intestine   Il Sudan è il paese più vasto del continente africano. Dall’indipendenza ottenuta nel 1956 è stato continuamente tormentato da guerre civili. Il conflitto è scoppiato subito fra il nord e il sud del paese. Quest’ultimo risentiva di una notevole arretratezza in confronto al nord.   In seguito al golpe militare che portò il presidente Omar al Bashir al potere nel 1989, il partito di Bashir, il National Congress Party (NCP), organizzò una rivoluzione islamica che si appoggia ancora oggi agli apparati di sicurezza e agli interessi economici forti, a spese degli abitanti delle  aree rurali.   Le aree rurali e periferiche del paese sono in conflitto con il governo centrale. Gli abitanti delle zone periferiche e meridionali si sentono emarginati da un governo che sfrutta le risorse locali,  impone credenze religiose e culturali a popolazioni storicamente diverse e punzecchia continuamente tribù e gruppi etnici aizzandoli l’uno contro l’altro. Secondo il governo invece l’arretratezza delle aree periferiche nel sud è il risultato delle lunghe guerre civili, non di una politica deliberata.   Un esperto della questione sudanese, Alex de Waal, afferma che per capire il conflitto bisogna capire le dinamiche del “mercato politico” all’interno del quale i leader delle regioni periferiche negoziano il prezzo della loro lealtà con Khartoum. Periodicamente dalle periferie viene lanciata un’accusa contro i vantaggi economici e sociali dell’elite metropolitana, per innescare negoziazioni con il governo. Ad esempio un gruppo attacca un avamposto dell’esercito o una attività commerciale per attirare l’attenzione e richiedere dal governo una nuova negoziazione. Il governo spesso si vendica con un altro atto di violenza, scrive de Waal. In seguito le parti si placano, oppure si ha un’escalation di violenza.   Le regioni in cui vi sono conflitti in corso sono:   Darfur Nel febbraio del 2003 si ribella il Darfur occidentale: i ribelli chiedono uguale rappresentanza al governo e migliori infrastrutture nella regione. Il governo risponde inviando i Janjaweed, milizie arabe armate, che colpiscono i villaggi dei  ribelli. La violenza provoca milioni di profughi nel Darfur e uccide circa 200 mila persone. Un accordo di pace stipulato nel 2006 è attualmente in agonia, e una forza di pace congiunta delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana non è in grado di fermare il conflitto.   Sudan meridionale Nel Sud del paese si trova circa l’85% dei giacimenti di petrolio. Il Sudan meridionale è una regione che ha combattuto per ottenere l’indipendenza dal 1955 al 1972, e di nuovo dal 1983 al 2005. Nel secondo periodo la guerra è stata combattuta dall’Esercito per la Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA) che riesce ad ottenere riconoscimento politico nel 2005 con il CPA (Comprehensive Peace Agreement). Il CPA concede sei anni di autonomia alle ricche regioni petrolifere del sud, dopo i quali si dovrebbe tenere il referendum sull’eventuale secessione. I disaccordi e le inadempienze nell’applicazione delle clausole del CPA portano nel 2008 a un nuovo conflitto armato.   Kordofan meridionale Creato proprio dal CPA, questo nuovo distretto amministrativo a cavallo fra nord e sud ha terre fertili e possiede le uniche riserve petrolifere del nord. Ma è anche uno dei distretti più poveri del paese. Durante la guerra tra il nord e il sud questo distretto divenne un campo di battaglia decisivo.  All’interno del CPA è previsto un protocollo speciale per questa regione, che però non è mai stato applicato. Eppure è da questo distretto che può partire l’intero processo di pace in Sudan.   Sudan orientale I combattimenti iniziano nel 2005 nel nord del Sudan tra i ribelli del Fronte Orientale e l’esercito governativo. Il Fronte Orientale era sostenuto dall’Esercito per la Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA) e da gruppi di ribelli del Darfur. Nell’ottobre del 2006 viene firmato un accordo di condivisione del potere con Khartoum, per ora poco applicato.     Tutti gli esperti sono d’accordo nell’affermare che il Sudan non avrà stabilità fino a quando la disparità tra il centro e la periferia non sarà sanata. Gli esperti non sono concordi sull’utilità del CPA:  per alcuni facilita, per altri blocca il processo verso la stabilità del paese. Il governo centrale non ha mai permesso di applicare l’accordo all’intero paese. Per questo i Sudanesi del Darfur vedono il CPA come un patto bilaterale raggiunto a loro spese, che non affronta i veri problemi del Sudan. Anche se il CPA esclude grandi zone periferiche come il Darfur e il Sudan orientale, il suo obbiettivo è quello di promuovere la ristrutturazione dell’eccessivo potere del governo centrale. Gli articoli del CPA sulla condivisione del potere, sul benessere della popolazione, sulla sovranità territoriale e sulla rappresentanza democratica offrono al Sudan l’alternativa a una crisi permanente,  che porterebbe alla frammentazione e al collasso.   Le clausole del CPA che riguardano il paese intero sono: a) Elezioni generali entro la metà del 2009, allo scopo di eleggere una nuova dirigenza che vada a rimpiazzare quella nominata dal governo.   Le elezioni però non possono avere luogo prima del censimento nazionale, che ha già avuto luogo, ma i cui dati ad oggi sono ancora stati pubblicati.  b) Tasso di povertà. L’accordo di pace richiede una più equa divisione degli utili petroliferi dei giacimenti meridionali, la creazione di fondi da investire nelle aree colpite dai conflitti, e il trasferimento di maggiori risorse ai distretti amministrativi.   Secondo la Banca Mondiale la percentuale delle risorse distribuite tra i distretti è aumentata dall’8% del 2000 al 35% del 2007.   c) Territorio. Il CPA prevede la creazione di una Commissione Nazionale per il Territorio che risolva le molteplici controversie sulla sovranità territoriale. In alcune zone  lo stato dà in concessione terre tribali, mentre in altre la proprietà è privata. Gli esperti affermano che risolvere i problemi periferici vuol dire prima di tutto risolvere i problemi legati al territorio, in modo particolare nella zona del Darfur.   Ritardi e negligenze nell’attuazione del CPA pongono molti dubbi su quali obbiettivi potranno essere raggiunti entro il 2011, data in cui il Sud del Sudan potrà tenere il referendum sull’indipendenza. 

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