I Turchi hanno sempre visto nei Persiani (oggi Iraniani) un forte ostacolo all’espansione dell’egemonia turca in Medio Oriente – e viceversa. Gli Iraniani oggi dominano i paesi sul fianco meridionale della Turchia. Anche la guerra a Gaza produce per ora il rafforzamento della posizione di Teheran. Ankara è ufficialmente impegnata nella diplomazia bilaterale e multilaterale per fermare il conflitto, affrontare la crisi umanitaria e porre fine alla presenza israeliana nella Striscia. Ma strategicamente per la Turchia è molto più pericoloso l'espansionismo regionale dell'Iran. In questo momento la Turchia non può criticare un altro paese musulmano, in particolare quello che si presenta sulla scena regionale come il primo difensore dei Palestinesi.
L'attacco di Hamas a Israele lo scorso sette ottobre ha sfidato la logica. La travolgente risposta di Israele a un assalto così feroce era del tutto prevedibile. Né Hamas poteva contare sul sostegno dei paesi arabi, dato che la maggior parte di loro sarebbe felice di vedere la distruzione del gruppo. Uno dei pochi alleati disposti a venire militarmente in aiuto di Hamas era Hezbollah, la cui risposta ha infatti costretto i civili israeliani a lasciare l'area di confine. Ma sia Hamas che Hezbollah si rendono conto che la resa dei conti sta arrivando, e non sarà a loro favore.
Molti analisti, anche di vasta dottrina e di notevole intelligenza politica, sostengono che una vittoria elettorale di Trump potrebbe portare a un compromesso fra USA e Russia, con cui gli USA lascerebbero mano libera alla Russia nell’Europa dell’est e sul Mar Nero, in cambio di sostegno contro la Cina, che è il più grande e il più pericoloso rivale futuro. Il Mediterraneo e i paesi che vi si affacciano, in primis l’Italia, costituirebbero una specie di condominio spartito fra USA, Russia e Lega araba. Io ritengo altamente improbabile tale ipotesi, perché contraria al principio basilare per ogni potenza egemone a livello globale: impedire la formazione di altre grandi potenze, anche se hanno intenzioni amichevoli.
Il governo cinese sta tornando alle politiche dell’era maoista per sostenere l’economia e rafforzare il controllo sociale. Lo stato sta riprendendo il controllo del mercato immobiliare e ha chiesto alle grandi aziende statali (che controllano il settore energetico, quello minerario e quello high-tech) di arruolare milizie volontarie, comuni ai tempi di Mao Zedong (la più famosa fu quella delle Guardie Rosse), ma sciolte dopo la sua morte. Entrambe le azioni evidenziano una forte spinta a consolidare il controllo sull’economia e sulla società cinese.