Il 4 agosto 2009 il presidente iraniano Ahmadinejad ha annunciato di voler rimpiazzare il ministro degli esteri Mottaki con uno dei suoi vicepresidenti, Parviz Davoudi o Ahmad Mousavi. L’annuncio è avvenuto un giorno prima del giuramento che sancisce ufficialmente l’inizio del secondo mandato di Ahmadinejad. Non è ancora detto che il presidente iraniano riesca nel suo intento, dato che deve affrontare numerosi oppositori che stanno cercando in ogni modo di mettergli i bastoni fra le ruote.
Mottaki è diventato ministro degli esteri durante il primo mandato di Ahmadinejad, ma il suo atteggiamento nei confronti dell’Occidente si discostava parecchio da quelli del presidente: infatti nonostante fosse d’accordo pressoché su tutte le decisioni di Ahmadinejad, i suoi toni erano di gran lunga più moderati.
La nomina di Mottaki al ministero degli esteri è stata fortemente appoggiata dal leader supremo Ali Khamenei, e quindi con ogni probabilità la recente decisione del presidente iraniano inasprirà ulteriormente i rapporti fra i due. Si tratta soltanto dell’ultima di una lunga serie di frizioni: il leader supremo non aveva infatti gradito la nomina di
Esfandiar Rahim Mashaie (consuocero di Ahmadinejad) alla vicepresidenza – successivamente rimosso - né tantomeno la rimozione del capo dell’intelligence Hojatoleslam Gholam Hossein Mohhseni-Ejei.
Ahmadinejad, insediando nei posti di potere i suoi fedelissimi, sta forzando la mano per consolidare la presa sul potere e sbarazzarsi delle minacce degli oltranzisti in seno alla sua fazione, che lo hanno criticato a più riprese nelle ultime settimane. Il presidente vuole soprattutto colpire il portavoce parlamentare Larijani – pupillo del leader supremo – che a partire dalle elezioni legislative del 2008 ha fatto di tutto per erodere il potere del presidente in carica.
In Iran è in corso la più acre lotta per il potere dai tempi della Rivoluzione Islamica (1979) e, malgrado Ahmadinejad abbia segnato alcuni punti a suo favore, l’esito del conflitto è tutt’altro che certo: infatti con ogni probabilità le tensioni si acuiranno nei prossimi mesi.
Sul piano interno le varie fazioni non hanno ancora trovato una linea sui futuri rapporti con gli Stati Uniti. Dal canto suo Washington ha enfaticamente posto settembre come data limite perché l’Iran intavoli trattative diplomatiche dirette sulle principali questioni internazionali che lo riguardano: il suo ruolo nella regione e il suo programma nucleare.
In attesa di capire l’evoluzione della situazione interna in Iran, il Medio Oriente si prepara ad una eventuale guerra regionale.
L’aviazione israeliana ha ordinato 100 sistemi combinati laser-GPS di puntamento di precisione per bombardamenti di obiettivi scelti. Questa tecnologia, utilizzata dall’aviazione statunitense da oltre un anno - anche in combattimento - è stata studiata per colpire obbiettivi in movimento, dunque anche per intercettare razzi già lanciati. Lo scorso luglio l’Egitto ha ostentatamente permesso a sottomarini da guerra israeliani di passare attraverso il canale di Suez per compiere esercitazioni nel Mar Rosso.
Un attacco israeliano contro le postazioni atomiche iraniane, che alcuni analisti danno per probabile, non potrebbe non coinvolgere direttamente gli Stati Uniti e l'intera comunità internazionale, perché provocherebbe la chiusura dello stretto di Hormuz e il blocco dell’esportazione di petrolio dai paesi del Golfo. È dunque probabile che non si arriverà mai ad uno scontro diretto con l’Iran, se non per decisione americana.
È probabile che l’Iran non arriverà ad alzare il livello della sfida fino al punto di portare gli USA alla decisione di attaccare i siti nucleari iraniani. È dunque più probabile che la sfida venga giocata a livello regionale, con attacchi congiunti di Hezbollah e di Hamas contro Israele, che obblighino Israele ad una risposta su vasta scala. Allora la guerra di propaganda verrebbe usata dall'Iran per cercare di far insorgere le masse arabe in tutti i paesi arabi.
Il braccio di ferro all’interno del regime iraniano non è esclusivamente una questione interna: riguarda direttamente le possibilità di guerra o di pace non soltanto nella regione, ma in vaste regioni del mondo, inclusa la riva sud del Mediterraneo, proprio alle nostre porte.
Nel frattempo c’è il pericolo che la Russia approfitti della difficile situazione degli USA in Asia per farsi un boccone della Georgia. Il 4 agosto 2009 Il vicepresidente statunitense Joe Biden ha telefonato al presidente Saakhashvili per chiedere delucidazioni sul recente aumento della tensione fra Russia e Georgia in Ossezia del Sud.
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