Il 6 agosto 2009 Vladimir Putin, primo ministro russo, e Recep Tayyp Erdogan, primo ministro turco, hanno raggiunto un accordo per permettere che il progetto russo South Stream - per il trasporto e la distribuzione di gas naturale - utilizzi il territorio turco ( più precisamente, le acque territoriali turche). Berlusconi è inaspettatamente andato ad Ankara in volo per essere presente alla firma.
L'evento ha un importante significato politico - scarso o nullo impatto economico, per il momento.
Il progetto South Stream è stato presentato dai Russi nel 2007 come controproposta competitiva al progetto europeo Nabucco, che mira a rendere l'Europa indipendente dal gas russo, sostituendolo con gas proveniente dai paesi dell'Asia centrale attraverso il Caucaso e la Turchia. Il South Stream elimina dal percorso l'Ucraina, i cui litigi con la Russia creano talora blocchi alle forniture di gas russo all'Europa.
Entrambi i progetti sono per ora soltanto sulla carta: dal punto di vista economico e industriale non sta succedendo nulla.
I finanziamenti non sono stati ancora ipotizzati.
E' invece un gesto estremamente significativo dal punto di vista politico che Turchia e Italia appoggino il progetto russo: significa che la Russia ha almeno un importante sostenitore all'interno dell'Unione Europea, che l'Unione Europea non troverà al proprio interno una maggioranza disponibile a sostenere e finanziare il progetto Nabucco, che la Turchia ha ed avrà un ruolo economico e politico chiave col suo possibile allearsi ora con l'uno ora con l'altro partner.
Il progetto South Stream è tecnicamente molto complesso ed estremamente costoso, nonché lungo da realizzare. Dovrebbe trasportare 63 miliardi di metri cubi di gas l'anno da Novorossysk attraverso il Mar Nero, per poi raggiungere l'Austria a nord, la Grecia e l'Italia sud, attraverso i Balcani. Il costo di costruzione ipotizzato è di 30 miliardi di dollari. La Russia oggi non è in grado di effettuare un investimento del genere da sola, e non basterebbe neppure un consorzio fra la Russia e l'italiana ENI. La firma dell'accordo va dunque vista come un gesto politico, non come un progetto industriale.
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