L’11 settembre sono stati sparati tre razzi Katiuscia dalla città di Tiro, nel Libano meridionale, sulla città di Nahariya, in Israele. Fortunatamente gli ordigni sono caduti in un campo e non hanno provocato vittime. L’esercito israeliano ha risposto con 15 granate ‘dimostrative’ ed ha dichiarato che il governo libanese sarà considerato responsabile di qualsiasi attacco proveniente dal Libano.
Con ogni probabilità si tratta di un attacco isolato che difficilmente sfocerà in un confronto diretto fra Israele e Libano. Sia Hezbollah che altri piccoli gruppi pseudo-jihadisti del Libano sono in possesso di razzi di questo tipo. Già all’inizio di gennaio un piccolo gruppo di Palestinesi alla guida di un campo profughi nel sud del Libano aveva lanciato un attacco simile. In entrambi i casi la risposta israeliana è stata alquanto limitata e Gerusalemme ha sempre evitato di accusare Hezbollah degli attacchi.
Hezbollah si sta preparando per un nuovo conflitto, dal momento che le tensioni fra l’Occidente e l’Iran si sono fatte più aspre, ma ha timore di lanciarsi in una nuova guerra in cui potrebbe perdere buona parte delle sue risorse e alienarsi l’appoggio degli sciiti del paese. Hezbollah negli ultimi mesi si fida sempre meno dei Siriani, specialmente dopo l’inizio dei negoziati fra Damasco e i paesi occidentali, e teme di risultare troppo vulnerabile alle infiltrazioni dei servizi segreti siriani in caso di conflitto. Inoltre
il movimento sciita ha problemi economici, dato che l’Iran ha ridotto i finanziamenti per la crisi economica e Salah Izzedine, il maggiore finanziatore privato, è andato in fallimento.
Hezbollah ha già i suoi problemi interni da risolvere. Tuttavia con l’avvicinarsi della scadenza dei negoziati con l’Iran – in teoria all’inizio di ottobre – la Repubblica Islamica potrebbe servirsi del gruppo sciita per mettere in guardia Israele sui rischi che potrebbe correre in caso di nuove sanzioni economiche o militari.
Anche la Siria intrattiene stretti legami con numerosi gruppi terroristi sunniti e di tanto in tanto se ne serve per colpire Israele e spingerlo al tavolo dei negoziati. Il 17 settembre prossimo il presidente siriano Bashar al Assad si recherà in visita in Turchia per i negoziati Siria-Israele tramite Erdogan, e quindi l’attacco potrebbe non essere casuale.
Il partito del primo ministro libanese Saad al Hariri – che non è riuscito a formare il governo a causa dell’opposizione ferrea di Hezbollah -
recentemente ha intessuto nuovi rapporti con alcuni miliziani islamici,
che sono stati trasferiti dal campo profughi palestinese di Ain al Hilwa - vicino a Sidone - al campo profughi di Biddawi, vicino a Tripoli, dove possono essere meglio controllati ed eventualmente utilizzati contro Hezbollah. Secondo notizie non confermate l’attacco dell’11 settembre sarebbe stato organizzato per spingere Israele ad una rappresaglia contro gli sciiti del sud del Libano, in modo da permettere ai Sunniti di rafforzarsi al punto tale da riuscire a tenere a bada Hezbollah.
In ogni caso Israele
non ha nessuna intenzione di lanciarsi in un nuovo conflitto militare contro Hezbollah perché non intende intervenire nella delicata lotta di potere attualmente in atto in Libano. Inoltre gli Israeliani sono concentrati sulle misure da adottare per contrastare il programma nucleare iraniano, quindi le possibilità di guerra si fanno ancora più ridotte.
A cura di Davide Meinero
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