22 settembre 2009
[…] Come affermava Machiavelli, la peggiore cosa che un leader potrebbe fare è guadagnarsi il disprezzo dei suoi seguaci, ed è ormai evidente che la popolazione iraniana non nutre alcun rispetto verso i suoi governanti. Il regime ha messo in scena una brutale repressione all’indomani delle elezioni del 12 giugno scorso: per un centinaio di giorni i suoi scagnozzi hanno massacrato, stuprato, torturato, minacciato.
Il mattino del 18 settembre scorso il leader delle Guardie della Rivoluzione è apparso in televisione dichiarando che “chiunque avesse osato indossare abiti verdi o anche solo portare con sé simboli di protesta o ancora intonare canti contro la Repubblica Islamica sarebbe stato punito duramente”. Ma le sue parole sono cadute nel vuoto e durante le proteste nelle strade si poteva udire un canto che suonava così: “lo stupro, l’omicidio e la tortura non ci metteranno a tacere”.
Quando un regime tirannico muore, lo si nota dai piccoli sintomi che compaiono qua e là.
Venerdì scorso nel pomeriggio, dopo che milioni di persone dell’Onda verde – come hanno scritto le Monde, L’Express e la BBC –
si erano riversate nelle strade in più di trenta città del paese per chiedere la fine del regime dittatoriale, c’è stata un partita di calcio allo stadio Azadi a Teheran. Quasi tutti i 100.000 tifosi indossavano abiti verdi e tenevano in mano palloncini verdi. Quando la tv di stato si è accorta di quello che stava accadendo, ha preferito trasmettere la partita in bianco e nero. E quando i tifosi hanno iniziato a tuonare “morte al dittatore, morte alla Russia, morte a Putin, a Chavez e a Nasrallah, nemici dell’Iran” l’audio è stato spento. Così la partita si è trasformata in un film muto.
Ma la censura si è scordata della radio, e i microfoni sono rimasti accesi, così milioni di ascoltatori hanno continuato ad ascoltare la musica della rivoluzione. E nello stadio Azadi gli ufficiali della sicurezza o si sono allontanati oppure si sono uniti alla festa.
Certamente non avrete sentito di questa storia, né avrete letto qualchecosa a riguardo nei nostri “media”, che ignorano gli avvenimenti dei giorni scorsi. Proprio come il regime iraniano, che influenzava enormemente il pensiero dei cittadini, le principali emittenti e gli scribacchini qui si sono coperti di ridicolo. Domenica mattina il leader supremo ha proclamato che le manifestazioni erano state un “vero successo per il regime”, ma chiunque osservi le fotografie non può che pensare che abbia bisogno di un po’ di riposo in più. […]
Inoltre
Khamenei è riuscito ad attirarsi il disprezzo di alcuni fra i più importanti leader del mondo sciita. Domenica infatti terminava il Ramadan, e doveva essere un giorno di festa e preghiera – uno dei giorni più felici dell’anno.
Secondo la tradizione il leader supremo ha il compito di proclamare la fine del Ramadan in nome di tutti i musulmani. Ma quindici ayatollah – fra cui Sistani (di Najaf, in Iraq) Montazeri, Taheri e Sanei gli hanno impedito di leggere il proclama affermando che la festa non sarebbe potuta iniziare prima di lunedì. Fino a poco tempo fa nessuno avrebbe potuto farla franca con un affronto simile, e questo indica che
sono in molti a credere che Khamenei non goda più di legittimità. Come se non bastasse,
in tutto il paese molte moschee sono state chiuse ed ai fedeli è stato detto di tornare a casa e tornare il giorno dopo.
[…] Queste piccole storie non fanno che confermare che la Repubblica Islamica è in lenta agonia e che presto o tardi si spegnerà. Khamenei, Ahmadinejad e tutto il resto della banda sono morti che camminano. Non conosciamo ancora la data del funerale, ma gli Iraniani sanno che ormai tutto è pronto. Attualmente
in Iran coloro che contano stanno cercando di stringere patti con Mousavi o Karoubi, sussurrando di essere sempre stati “verdi” in fondo al cuore.
Khamenei è al corrente di tutto questo, e sa di essere stato tradito da alcuni dei suoi fedelissimi. L’esodo è iniziato, ed entro la fine della prossima settimana inizieremo a vedere le prime dimissioni di coloro che non vogliono identificarsi ulteriormente con il regime.
Lo scordo venerdì non è stato sparato un colpo contro i manifestanti di Teheran. Si possono guardare su Youtube i filmati della polizia che fraternizza con i “Verdi”, […] anche i Basiji non hanno osato attaccare o arrestare, salvo poche eccezioni. Nessuno ha tentato di arrestare Mousavi o Karroubi, solo Khatami ha rischiato di essere pugnalato in strada, ma l’attentatore è stato bloccato in tempo.
Recentemente Karroubi è stato invitato a presentarsi in un tribunale rivoluzionario per rispondere a false accuse di omicidio e di stupro all’interno delle prigioni. Lui ha dichiarato di esserne “felice”, così potrà portare le prove di quello che è veramente accaduto negli scorsi anni – prove conservate scrupolosamente dai “Verdi” in Europa e negli Stati Uniti.
Ma
il regime può ancora far male agli Iraniani e a noi Occidentali. La settimana scorsa Khamenei ha invitato a Teheran Gulbuddin Hekhmatyar, uno dei capi dei terroristi afgani, per spingerlo a compiere più attentati contro gli Stati Uniti e contro le Forze della Coalizione in Afghanistan. Anche altri gruppi terroristici finanziati dall’Iran hanno ricevuto direttive simili.
In una situazione simile uno si aspetta che il proprio governo inizi a dialogare con i “Verdi”. Ma non è così. Forse Hillary Clinton era in buona fede quando all’indomani delle elezioni farsa dichiarò che “dietro le quinte” il governo americano stava aiutando l’opposizione iraniana - ma si sbagliava.
Non esistono contatti fra il governo americano e l’opposizione iraniana. Di sicuro nessuno si sarebbe potuto aspettare che Obama avrebbe preferito dialogare docilmente con i macellai iraniani e che avrebbe chiesto a Khamenei alcuni minuti del suo tempo prezioso. E lo stesso vale per
l’Europa, dove tutti i paesi hanno deciso di non prendere contatti con l’opposizione per paura di dover rinunciare al petrolio e ad altri contratti economici multimilionari.
E così, come affermava giustamente Martin Luther King Jr.:
“Alla fine non ci ricorderemo delle parole dei nostri nemici, ma del silenzio dei nostri amici”.
Di Michael Ledeen, 21 settembre 2009. Per visualizzare l’originale cliccare qui
Tradotto da Davide Meinero
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