21 ottobre 2009
Il dibattito sulla strategia da adottare il Afghanistan prosegue, ma a quanto pare il presidente Barack Obama sembra essere deciso ad approvare il piano del generale Stanley McChrystal, che ha richiesto un aumento del contingente di 40.000 unità nei prossimi mesi. Se così fosse il totale delle truppe raggiungerebbe i 100.000 soldati più i 30.000 del contingente NATO – più di quanti ne abbiano schierati i Sovietici durante l’occupazione.
Tuttavia il presidente americano ha già in mente una scadenza per il ritiro, ed è per questa ragione che McChrystal ha già fatto sapere ai comandanti militari che avranno solo una breve finestra di tempo a disposizione – 18 mesi – per ottenere risultati concreti. Il dispiegamento richiederà comunque tempo e le truppe raggiungeranno l’Afghanistan a partire dal prossimo gennaio dopo un intenso periodo di addestramento.
Il semplice impiego della forza militare non è sufficiente a raggiungere un equilibrio stabile e duraturo. McChrystal ha parlato della necessità di conquistare “cuori e menti” della popolazione, ma resta da vedere come questo sia realizzabile sul terreno.
La strategia in Afghanistan
Il generale
McChrystal basa la propria strategia sul principio che gli Stati Uniti e i suoi alleati NATO sono capaci di proteggere i civili afgani che cooperano con le forze occidentali – per questa ragione i soldati devono essere spostati dalle regioni più remote ai centri abitati, il più vicino possibile alla popolazione.
La strategia di McChrystal si articola in tre fasi fondamentali:
· nella prima fase le truppe devono sconfiggere ed espellere i Talebani da quelle regioni dove si concentra la maggior parte della popolazione (Helmand, Khost, Kabul, Kandahar, etc);
· nella seconda fase le truppe devono porsi sulla difensiva per contrastare gli inevitabili contrattacchi dei Talebani e difendere la popolazione locale;
· nella fase finale le forze occidentali, capaci di respingere gli attacchi talebani, potranno stringere patti con i leader indigeni – solo dopo aver dimostrato di essere in grado di proteggere la popolazione afgana.
Per quanto riguarda le zone più remote gli
Stati Uniti continueranno ad avvalersi dei droni (aerei senza pilota telecomandati)
per colpire le postazioni nemiche. Di fatto con questa strategia
Washington spera che i Talebani, sconfitti dalle truppe della coalizione, si dividano e scendano a compromessi con gli Occidentali e con il governo afgano.
I ribelli islamici però si muovono in gruppo, controllano vaste aree del paese e sono capaci di lanciare attacchi su larga scala, quindi gli Stati Uniti potrebbero incontrare notevoli difficoltà a difendere i centri abitati. Inoltre
McChrystal ha già dichiarato di voler rinunciare agli attacchi aerei nelle zone densamente popolate per non attirare le ire dei civili. Questo di fatto significa che
il grosso del lavoro dovrà essere svolto dalla fanteria, ed è per questo che McChrystal ha chiesto più soldati.
Esiste però il rischio che i Talebani, invece di lanciare attacchi su vasta scala, cerchino di infiltrarsi nei centri abitati – grazie al fatto che possono mimetizzarsi con facilità fra la popolazione locale – per sferrare attacchi contro le truppe della coalizione. Inoltre i ribelli possono contare su un vasto apparato di intelligence creato nei cinque anni di governo (dal 1996 al 2001) e si muovono con dimestichezza in tutti gli angoli del paese.
I leader Talebani finora non hanno dato segni di voler scendere a patti con le truppe della coalizione ed il governo afgano, perché non ne vedono la necessità. Facendo un parallelo con l’Iraq, le milizie sunnite che avevano scatenato l’insurrezione nel 2005 sono scese a patti con gli Stati Uniti per evitare che gli sciiti e i terroristi di al Qaeda (altri due importanti attori sulla scena irachena) si ritagliassero il loro spazio escludendole completamente dal processo politico.
I Talebani invece identificano negli Stati Uniti l’unico vero nemico da sconfiggere, e quindi non rinunceranno facilmente alla battaglia, tanto giocano in casa ed hanno il tempo dalla loro. Lo stesso McChrystal ha dichiarato di non aspettarsi defezioni di massa, ma solo l’abbandono di alcuni piccoli gruppi guidati da leader isolati.
Le risorse dei Talebani
I Talebani dal canto loro riescono a finanziare la guerriglia grazie ai milioni di dollari che fluiscono nelle loro tasche grazie al traffico di droga, a estorsioni, rapimenti e donazioni estere. In Afghanistan i Talebani infatti hanno imposto un elaborato sistema di tassazione su coltivazione, raffinazione e vendita dell’oppio – ed anche su altri prodotti agricoli che crescono nei territori sotto il loro controllo.
Secondo il Pentagono e le Nazioni Unite
i proventi del traffico di droga dovrebbero aggirarsi fra i 70 e i 400 miliardi di dollari all’anno, a seconda di come va la stagione. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente cercato di bloccare la vendita dell’oppio, ma senza successo.
Le autorità statunitensi hanno inoltre scoperto che
buona parte del denaro di cui dispongono i Talebani proviene da finanziatori esteri privati, soprattutto sauditi, iraniani e pakistani - secondo la CIA
nel 2008 i ribelli islamici avrebbero incassato circa 106 milioni di dollari. Non ci sono prove che i governi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed altri paesi del Golfo Persico finanzino direttamente l’insurrezione, ma l’intelligence statunitense continua a ritenere che alcuni membri dell’ISI (servizi segreti pakistani) continuino a elargire denaro ai Talebani.
Conclusioni
Per ora è difficile fare previsioni certe. Abbandonare l’Afghanistan proprio ora che è privo di stabilità politica non farebbe altro che favorire i jihadisti internazionali, che per prima cosa si riorganizzerebbero velocemente e aggressivamente sull’onda della vittoria contro “gli infedeli”.
Obama sembra essersi convinto ad inviare nuove truppe in Afghanistan, non soltanto per accontentare le richieste di McChrystal, ma anche perché non sa come gestire le conseguenze di un ritiro immediato. Le probabilità che la strategia di McChrystal abbia successo sono tutt’altro che certe, come lui stesso ha dichiarato, ma al momento sembra l’unica alternativa possibile, e la nuova amministrazione statunitense sembra averne preso atto.
A cura di Davide Meinero
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