Le opzioni strategiche dell’Occidente in Afghanistan
secondo Max Hastings

05/11/2009

dal Financial Times, 29 ottobre 2009
  L’esplosione di mercoledì 28 ottobre a Peshawar , che ha ucciso più di 90 persone, è stata l’ultima di una serie che evidenzia la destabilizzazione del Pakistan. 
  L’opinione pubblica occidentale è orami contraria alla guerra afgana, probabilmente in modo irreversibile. Il presidente Barack Obama è criticato per quelle che paiono incertezze, ma la Casa Bianca sta ancora cercando di rispondere a due domande di grande peso, correlate tra loro. Gli interessi strategici occidentali nella regione sono vitali ? E il successo con mezzi militari è possibile?

Il giornalista pakistano Ahmed Rashid, i cui libri sui talebani e sulla crisi regionale hanno suscitato interesse a livello internazionale, sostiene nell’ultimo numero di National Interest che gli Stati Uniti devono resistere fino alla fine. Se non lo facessero, afferma, vi è un serio pericolo di talebanizzazione dell’intera regione, e i talebani sono i gemelli inseparabili di Al Qaeda. Rashid dipinge un cupo scenario delle difficoltà del Pakistan, con il governo civile troppo debole per resistere alle forze armate, ancora ossessionate dall’India, e l’economia in caduta libera. Immagina il pericolo di un colpo di stato di ufficiali intermedi che installi a Islamabad un regime favorevole ai talebani.

”In definitiva, le scelte sono nette”, ha scritto. “O gli Stati Uniti e l’Europa abbandonano la regione alle forze della violenza, dell’estremismo, della povertà e al pericolo che le armi nucleari cadano in mano agli estremisti o mantengono il loro impegno. L’Afghanistan, il Pakistan e l’Asia centrale sono nel momento culminante di una crisi storica dalla quale dipende la futura stabilità regionale”. Solo gli Stati Uniti, afferma, possono  fornire una leadership capace di prevenire il disastro.

Anche un blogger pakistano dello statunitense Small Wars Journal (http://smallwarsjournal.com/), Mehar Omar Khan, studente all’accademia dell’US Army a Fort Leavenworth, raccomanda all’Occidente di non tornare a casa, e considerare il costo di un fallimento invece di farsi scoraggiare dalle difficoltà di successo. Khan fornisce indicazioni più precise di Rashid. Suggerisce che le forze della NATO non possono sperare di rendere sicuro l’intero Afghanistan. L’obiettivo di proteggere la popolazione, sostiene, non è conseguibile pere tutto il territorio. Propone invece di identificare distretti-chiave da far diventare modelli di sicurezza e prosperità, lasciando che le zone talebane declinino nella povertà. “Non cercare di fermare il mare. Crea delle isole”. Contrario al sostegno incondizionato al governo centrale di Kabul, ritiene che i distretti dovrebbero essere liberi di scegliere una leadership nuova al proprio interno.

Rashid sostiene l’importanza di incentivare l’esercito pachistano a concentrarsi sulla sfida interna dell’insurrezione islamica – la sua offensiva nel sud del Waziristan ha soltanto graffiato la superficie del problema. Per ora, questo è più facile da dire che da fare.  E’ possibile ammettere la gravità della minaccia talebana rimanendo nel contempo scettici circa la possibilità che le operazioni NATO nel marginale Afghanistan la contengano,  quando la roccaforte di Al Qaeda si trova in Pakistan.

Il maggiore Khan afferma, sicuramente a ragione, che la causa profonda dell’insurrezione islamica non è la religione, ma la povertà e la corruzione. La difficoltà dell’Occidente è quella di identificare i mezzi per migliorare le condizioni di pachistani, afgani e dei popoli dell’Asia centrale,  le cui leadership cronicamente corrotte rubano qualsiasi cosa si trovi alla loro portata. Né il governo afgano, né quello pachistano sembrano capaci di assicurare progresso civile ed economico alla loro popolazione. La sicurezza è indispensabile per raggiungerlo, ma le truppe non possono sostituire istituzioni locali efficaci.Un approccio neocolonialista e militare al problema di pacificare la regione  è logisticamente e politicamente perdente. Dall’inizio delle maggiori operazioni NATO in Afghanistan nel 2006, il sostegno delle popolazioni per l’insurrezione è cresciuto. Perché un intensificato impegno straniero dovrebbe ora essere più popolare tra gli afghani ?

Le dimissioni ad alto livello dell’ex marine Matthew Hoh, un ufficiale superiore del servizio esteri in Afghanistan, hanno intensificato le pressione su Obama. Hoh sostiene che lo sforzo bellico della NATO sta rendendo le cose peggiori, non migliori. Altri occidentali informati, come il britannico Roy Stewart, appena nominato candidato al parlamento per i conservatori, sono d’accordo. 

Nessun commentatore responsabile favorisce un ritiro occidentale precipitoso. Gli aiuti sono indispensabili e ci si attende da Obama l’annuncio di un grande aumento dei finanziamenti al Pakistan. Tuttavia non è credibile combattere gli insorti senza intervenire sui regimi che le forze NATO sono impegnate e sostenere.  Il regime di Kabul è sull’orlo della bancarotta.   Se le forze armate pachistane non vengono  dissuase dalla loro quasi demente fissazione ostile verso l’India, dall’esterno si può dare soltanto un contributo marginale alla stabilizzazione del Pakistan.

I sostenitori dell’impegno occidentale nella regione parlano ora in modo entusiasta della proposta del Generale Stanley McCrystal di rinforzi alle truppe, come se rappresentasse l’ultima opportunità. Questo implica il riconoscimento del fatto che per quanto gli obiettivi occidentali siano desiderabili, si è soltanto perso tempo.

Ahmed Rashid e Mehar Omar Khan hanno ragione ad affermare che la posta in gioco della scommessa regionale  é enorme. Il coraggio e la perseveranza sono essenziali per conseguire qualsiasi obiettivo di politica estera. Ma questo non rende sensato per l’Occidente continuare a giocare fiche militari se ogni giro della roulette mostra ostinatamente uno zero.
  a cura di Fulvio Miceli.
  Per leggere l’originale cliccare qui: http://www.ft.com/cms/s/0/a83187c6-c3fc-11de-8de6-00144feab49a.html

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