Il 7 dicembre 2009 la Conferenza Centrale sulle Attività Economiche del Partito Comunista Cinese ha tracciato la politica economica per l’anno venturo. I leader del partito hanno concluso che è necessario aumentare i consumi interni, ridurre la dipendenza dalle esportazioni, diminuire il divario fra città e campagna, allentare la politica monetaria e proseguire il piano di stimolo per tutto il 2010.
Sembra dunque chiaro che le banche cinesi continueranno a prestare soldi e secondo alcune stime i prestiti erogati dovrebbero raggiungere una cifra superiore a 1 trilione di dollari. Ma dove prenderanno il denaro?
Esistono essenzialmente due opzioni:
1)
il governo centrale può iniettare denaro nelle banche come ha fatto l’anno scorso - oppure può spingere le banche a concedere prestiti senza limiti, riservandosi il diritto di intervenire con denaro fresco solo in caso di emergenza;
2) altrimenti può comprare azioni delle banche - infatti non sarebbe poi così strano che il Ministero delle Finanze acquistasse azioni delle banche in un periodo di crisi e recessione. Però acquistando le azioni subito – aumentando troppo presto l’influenza politica sulle banche stesse - il governo rischierebbe di allontanare potenziali investitori, che difficilmente gradirebbero l’idea di vedere i propri investimenti condizionati dagli interessi della burocrazia cinese.
Se le banche non riuscissero a trovare nuovo denaro sarebbero costrette a ridurre il volume dei prestiti, togliendo così liquidità all’economia reale e bloccando la crescita del paese. Ma il governo farà di tutto per far sì che il flusso dei prestiti non si interrompa.
Nei prossimi mesi capiremo quali saranno le scelte del governo cinese, e soprattutto come fornirà il capitale per continuare a oliare il meccanismo economico.
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