Dal 1924 ad oggi, il mondo arabo e il più ampio mondo islamico non hanno cessato di provare a distruggere la presenza ebraica nella regione di Palestina, in nome di ideologie che sono variate nel tempo, così come sono variati i principali attori del conflitto.
Dal 1949 al 1973 si è trattato soprattutto di stati arabi che invadevano militarmente Israele in nome del nazionalismo arabo, ma già nel 1964 fu creata una organizzazione guerrigliera al comando di Arafat (l’OLP), che intendeva eliminare Israele in nome dell’anticolonialismo, benché le popolazioni del Medio Oriente non siano mai state colonizzate né dagli ebrei né da potenze occidentali (ma la realtà storica è sempre stata un dettaglio insignificante per chi sostiene ideologie rivoluzionarie). A partire dagli anni ’90 iniziarono a prevalere fra i nemici di Israele i movimenti jihadisti, che si ispirano al principio che la legittimità del potere deriva soltanto dall’obbedienza alla legge islamica. Dopo la vittoria dei jihadisti di Osama bin Laden in Afghanistan contro l’Unione Sovietica e dopo la presa del potere in Iran da parte degli ayatollah larga parte delle popolazioni del Medio Oriente si sono convinte che l’ideologia vincente è proprio il jihad, che ai loro occhi oggi ha di nuovo vinto in Afghanistan contro gli USA.
Una larga dose di antisemitismo feroce, preso a prestito dall’Europa del tardo 1800 e del 1900, si aggiunge a ogni ideologia di lotta contro israele, facendole risuonare anche in Occidente, dove le giovani generazioni hanno largamente ereditato dai nonni i pregiudizi antisemiti che dopo la fine della Seconda guerra mondiale si pensava fossero stati abbandonati o decostruiti attraverso l’istruzione. Ora è chiaro che ciò non è avvenuto che in parte.