Il 17 dicembre 2009 il premier cinese Wen Jiabao è arrivato a Copenhagen in occasione della Conferenza sul Cambiamento Climatico. La Cina si è apertamente schierata contro la nascita di un trattato internazionale che obblighi gli stati in via di sviluppo – fra cui la Cina stessa - a ridurre le emissioni.
La posizione di Pechino non è dettata dall’ideologia, bensì da una precisa consapevolezza geopolitica: lo sviluppo dell’economia cinese è legata allo sfruttamento intensivo del carbone.
Pechino ha sottolineato che i paesi sviluppati hanno storicamente contribuito alla maggior parte delle emissioni, e per questa ragione spetta a loro il compito non soltanto di tagliare i gas serra, ma anche di rifornire i paesi in via di sviluppo della tecnologia necessaria a migliorare gli impianti industriali per renderli più efficienti e meno inquinanti.
L’economia cinese dipende per il 70% dal carbone – la Cina è il più grande produttore di carbone del mondo (42,5% della produzione mondiale) nonché il più grande consumatore (42,9%). Il 14% delle riserve mondiali di carbone si trova in Cina, e per questo il carbone continuerà ad essere una risorsa privilegiata – dato che non deve essere importato dall’estero.
Circa metà del carbone consumato viene utilizzato per la produzione di energia elettrica, mentre il 36% viene impiegato nell’industria manifatturiera – soprattutto tessile e alimentare.
Il carbone però è una risorsa altamente inquinante – a parità di calorie, produce il doppio di anidride carbonica rispetto al gas naturale, a meno che non vengano impiegate tecnologie avanzate per catturare i gas di scarico.
Il consumo di energia in Cina è in costante crescita – negli ultimi due anni è cresciuto del 7,2% -
e quindi Pechino continua a costruire nuove (e inefficienti) centrali a carbone per far fronte alla crescente domanda di energia. Attualmente la Cina contribuisce al 21% delle emissioni di anidride carbonica mondiali – l’82% delle emissioni proviene dalla combustione del carbone.
La Cina non è pronta a tagliare le proprie emissioni senza prima aver ottenuto incentivi significativi - come l’accesso alla tecnologia industriale “verde”, abitualmente utilizzata nelle industrie dei paesi sviluppati,
che permetterebbe a Pechino di ristrutturare le infrastrutture energetiche aumentandone l’efficienza e riducendo l’inquinamento.
La Cina e gli Stati Uniti – che da soli sono responsabili di metà delle emissioni del pianeta- determineranno il successo o il fallimento dell’iniziativa di Copenhagen, se troveranno un accordo su come spartire sacrifici e benefici.
Washington ha recentemente deciso di aiutare la Cina a sviluppare nuove tecnologie pulite in cambio dell’ingresso delle industrie americane sul mercato cinese. Per ora però i pochi progetti di collaborazione sono ancora in via di definizione.
A cura di Davide Meinero
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