Il 20 dicembre 2009 il ministro della difesa Karl-Theodor zu Guttenberg ha dichiarato che la Germania vuole che la NATO formuli una strategia per l’Afghanistan prima di inviare nuove truppe a combattere contro i Talebani. Gli Stati Uniti speravano di spingere la Germania a impegnarsi di più in Afghanistan, ma a quanto pare Berlino non sembra intenzionata a venire incontro alle richieste statunitensi.
Le relazioni fra Washington e Berlino sono piuttosto tese in questo periodo non soltanto per quanto riguarda l’Afghanistan, ma anche per l’atteggiamento della Germania nei confronti dell’Iran. La Germania infatti fa parte del gruppo dei 5+1 (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania appunto) che da mesi sta cercando di convincere Teheran a rinunciare alle attività di arricchimento dell’uranio e a collaborare con l’AIEA. Berlino è stata inserita nel gruppo proprio perché intrattiene strette relazioni economiche con la Repubblica Islamica.
Washington frattanto ha aumentato di propria iniziativa la pressione sulle aziende straniere che fanno affari con l’Iran, nella speranza di isolare il regime. La prima a farne le spese è stata la banca Credit Suisse, che dovrà pagare agli Stati Uniti 536 milioni di dollari per aver aiutato l’Iran ad aver accesso al mercato finanziario statunitense, aggirando le sanzioni.
Sono numerosi gli istituti di credito europei presi di mira dall’amministrazione statunitense. La punizione imposta a Credit Suisse serve a mettere in guardia le altre banche europee, specialmente quelle tedesche.
Infatti Deutsche Bank, Commerzbank e WestLB hanno firmato una miriade di accordi con l’Iran, soprattutto per finanziare le crescenti esportazioni di prodotti tedeschi in Iran (
vedi grafico a lato).
Nel 2008 le esportazioni hanno raggiunto un volume di 5,7 miliardi di dollari e dalle ultime stime sembra che nel 2009 questa cifra sarà leggermente più bassa.
Chiaramente Berlino non vedrebbe di buon occhio eventuali azioni punitive contro le banche tedesche: se gli istituti finanziari venissero sanzionati, anche le industrie che fanno affari con l’Iran ne soffrirebbero. Inoltre la crisi economica in Germania è tutt’altro che finita, e il governo sta cercando in ogni modo di spingere le banche a erogare prestiti alle industrie - e dare così nuova linfa all’economia reale. Le stime per il 2010 non prevedono un miglioramento sostanziale, quindi l’eventuale introduzione di sanzioni indebolirebbe ulteriormente il già fragile settore bancario tedesco.
Berlino e Washington inoltre sin dall’inizio della crisi finanziaria sono state in disaccordo sul modo migliore per combatterla. Gli Stati Uniti hanno chiesto alla Germania di puntare all’aumento dei consumi interni, ma il governo di Angela Merkel si è sempre opposto, perché la Germania ha un’economia basata soprattutto sulle esportazioni. Le relazioni fra i due paesi sono ulteriormente peggiorate dopo che l’azienda automobilistica General Motors – rilevata dallo stato dopo la bancarotta – ha deciso di bloccare la vendita della Opel nonostante il governo tedesco avesse già stretto un accordo con un consorzio russo-canadese - che prevedeva fra le altre cose il salvataggio della maggior parte dei posti di lavoro in Germania.
È chiaro che la Germania, ormai uscita totalmente dalla logica della Guerra Fredda, ha sviluppato una politica estera indipendente che spesso si scontra con gli interessi statunitensi su diversi fronti – basti pensare agli stretti legami che uniscono Russia e Germania.
A cura di Davide Meinero
Lascia un commento
Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!
Accedi
Non sei ancora registrato?
Registrati