Una buona idea del BESA Center

13/01/2010

Sarà per il mondo arabo l’ennesima occasione da lasciarsi scappare?

Il 10 gennaio 2010 al BESA center for Strategic Studies dell’Università di Bar-Ilan il generale  Giora Eiland, già consulente di Ariel Sharon, ha presentato un progetto di soluzione regionale al conflitto ed ai problemi della regione: Regional Alternatives to the Two-State Solution.

Si tratta di una visione affascinante per ampiezza e positività – che però difficilmente i Palestinesi condivideranno, essendo tutti concentrati sullo sconfiggere Israele anziché sul costruirsi un futuro.   

Vale la pena capire la proposta, che aprirebbe magnifici spiragli di pacifica collaborazione economica e tecnologica all’intera regione – ammesso che gli interlocutori avessero il coraggio emotivo ed intellettuale di valutare la proposta senza preconcetti e paure.

Dopo una analisi puntuale delle varie cause per cui Israeliani e Palestinesi non sono riusciti a risolvere il conflitto fra di loro neppure quando la soluzione sembrava ormai a portata di mano, Giora Eiland spiega perché ritiene del tutto improbabile arrivare ad un accordo fra le parti oggi.

Quindi avanza una ipotesi di accordo regionale con gli stati arabi esistenti, di cui tratteggia le linee, illustrando gli aspetti positivi per le singoli parti in causa. Rimandiamo al testo completo (Regional Alternatives to the Two-State Solution) per un’analisi approfondita, ma riassumiamo i punti fondamentali della proposta, che è da valutare alla luce della presente situazione di tensione fra l’Iran e i paesi arabi circostanti, e di timore per la possibile esportazione della ‘rivoluzione’ jihadista nei paesi arabi moderati.

Uno sguardo  alla carta della regione (mappa a lato) mostra come i paesi arabi del Golfo (Iraq, Emirati, Arabia Saudita) non riuscirebbero più a esportare il loro petrolio se l’Iran dovesse chiudere o minare lo stretto di Hormuz, stretto passaggio fra il Golfo (Persico) e il mare aperto. Un altro punto che diventa ogni giorno più pericoloso è il golfo di Aden, stretto fra i pirati somali da una parte e i jihadisti yemeniti dall’altra.

In questa situazione il generale Eiland propone che:

-       Gaza e la Cisgiordania formino uno o due stati autonomi ma federati con la Giordania (perciò difesi dall’esercito giordano, non da forze armate palestinesi);

-       l’Egitto ceda alla striscia di Gaza un rettangolo di costa nel Sinai (a sud della striscia di Gaza), con un po’ di entroterra, per un totale di circa 720 chilometri quadrati. In questo rettangolo - che è ora desertico - la comunità internazionale potrebbe impegnarsi a costruire un grande porto, simile a quello di Singapore.

-       In cambio l’Egitto riceverebbe da Israele una fetta di circa 720 kilometri quadrati di Sinai alle spalle della striscia di Gaza.

-       La Cisgiordania palestinese (confederata con la Giordania) cederebbe formalmente a Israele circa 720 chilometri quadrati di territorio dove ormai da decenni gli Israeliani hanno costruito intere cittadine. 

-       Israele permetterebbe a Egitto e Giordania di costruire (sempre con l’aiuto dell’intera comunità internazionale e dei paesi del Golfo) strade e oleodotti e gasdotti che, passando in gallerie sotto al territorio di Israele nella sua parte sud, collegherebbero il nuovo porto da costruirsi a sud di Gaza con Giordania, Egitto, Arabia saudita e Iraq, passando su territorio giordano e egiziano. Giordania ed Egitto avrebbero la sicurezza di guadagnare ampiamente dal traffico internazionale fra il nuovo porto e tutto il Medio Oriente, Iraq compreso, perché le vie di comunicazione dovrebbero necessariamente passare sul loro territorio. 

-       In cambio gli stati arabi (Egitto, Giordania, Arabia Saudita) avrebbero interesse a favorire  la sicurezza di Israele, perché legata alla sicurezza dei trasporti e dei collegamenti dell’intero Medio Oriente. Altrettanto interesse a garantire la sicurezza della regione e di Israele avrebbero tutti i paesi importatori ed esportatori in Occidente.   

-       La comunità internazionale anziché continuare a spendere denaro per altri 50 anni per mantenere i Palestinesi, che non hanno una economia sufficiente a vivere, investirebbero in un porto e in infrastrutture di trasporto e comunicazione che aiuterebbero lo sviluppo dell’intera regione, ed aprirebbero una via alternativa alle importazioni ed esportazioni di tutto il Medio Oriente – togliendo così all’Iran la possibilità di strangolare sia i paesi della regione sia l’occidente chiudendo lo stretto e Hormuz e destabilizzando i paesi sul golfo di Aden.  

 

A cura di Laura Camis de Fonseca

 

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.