15 gennaio 2009
Il primo ministro iracheno Nouri al Maliki, leader del partito Islamico Daawa, ha dichiarato di essere pronto a formare una coalizione con il blocco sciita appoggiato da Teheran – l’Alleanza Nazionale Irachena (ANI). L’annuncio conferma che gli sforzi iraniani volti a consolidare l’influenza sul vicino Iraq stanno dando buoni risultati, il che potrebbe condizionare il piano di ritiro degli Stati Uniti.
A dicembre del 2009 l’Iran ha deciso di occupare il pozzo di petrolio nell’Iraq meridionale con il chiaro intento di influenzare la politica irachena a proprio favore e convincere i politici sciiti più indipendenti, come al-Maliki, a riallinearsi con Teheran. Al Maliki infatti nei mesi scorsi aveva deciso di formare una
nuova coalizione – lo Stato della Legge – per prendere le distanze dall’Iran e sfidare l’ANI – braccio politico della Repubblica Islamica in Iraq.
Ma dopo la visita del ministro degli esteri iraniano Manoucher Mottaki in Iraq al Maliki ha cambiato idea e si è avvicinato all’ANI.
La Repubblica Islamica vorrebbe anche ridiscutere il Trattato di Algeri del 1975 sullo Shatt al Arab (il fiume che nasce dalla confluenza del Tigri e dell’Eufrate), che fissa il confine fra Iran e Iraq (
vedi mappa a lato) a metà del corso d’acqua. Teheran infatti rivendica la giurisdizione sull’intero corso d’acqua e vuole spingere il governo iracheno all’accettazione .
Negli ultimi anni la Repubblica Islamica si è radicata negli ambienti politici, economici e militari dell’Iraq.
Quasi sicuramente la fazione filo-iraniana conquisterà la maggior parte dei seggi alle prossime elezioni, anche perché il governo in carica, a maggioranza sciita, ha iniziato a escludere i candidati sunniti dalle elezioni perché in passato avevano avuto legami con il partito Baath di Saddam Hussein. Gli Sciiti stanno cercando di eliminare i Sunniti dal gioco, come alle elezioni del 2005. Allora i Sunniti, esclusi dalla corsa elettorale, hanno boicottato le elezioni ed hanno imbracciato le armi contro il governo.
Le prossime elezioni saranno un importante banco di prova per la democrazia irachena, ma la continua pressione di Teheran - che sta facendo di tutto per espandere la propria egemonia sul vicino occidentale - potrebbe nuovamente trascinare il paese nel caos.
A cura di Davide Meinero
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