L'Uzbekistan
e la guerra in Afghanistan

02/02/2010

Il 27 gennaio 2009 il presidente uzbeko Islam Karimov ha dichiarato di fronte al parlamento che le forze occidentali dovrebbero interrompere le operazioni militari contro i Talebani e concentrasi invece sulla realizzazione di progetti di sviluppo nel paese. Karimov ha poi aggiunto che per portare  stabilità in Afghanistan “è necessario cambiare l’approccio” e portare innanzitutto aiuti economici, sociali e umanitari sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dalle parole di Karimov si può intuire che la guerra in Afghanistan sta creando notevoli problemi all’Uzbekistan.   L’Uzbekistan è un attore fondamentale per la risoluzione del conflitto, sia per la sua posizione geostrategica che per i legami etnici con la minoranza uzbeka dell’Afghanistan. I due paesi confinano per un tratto lungo oltre 100 km, attraverso cui transitano abitualmente gli islamisti in entrambe le direzioni. Tashkent ha tuttora il potere di influenzare la politica afgana grazie ai legami con la vasta minoranza uzbeka che vive in Afghanistan. Tuttavia Karimov, che guida il paese con il pugno di ferro, teme che il crescente numero di ribelli islamisti presenti all’interno dell’Uzbekistan possano mettere a repentaglio la stabilità del suo governo.   Durante l’occupazione sovietica dell’Afghanistan (dal 1979 al 1989) l’Uzbekistan - così come gli altri paesi dell’Asia centrale - faceva parte dell’Unione Sovietica. Dopo il crollo dell’URSS (1991) e la caduta del regime marxista in Afghanistan (1992), alcuni movimenti islamisti concentrarono le proprie attività nella parte orientale dell’Uzbekistan, nella valle di Fergana. Il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU) ad esempio creò campi di addestramento sul confine con il Tagikistan e diede vita a un movimento più vasto chiamato Movimento Islamico del Turkestan, intessendo legami con gli Uiguri e altri islamisti della regione. Dopo l’invasione dell’Afghanistan nel 2001 e l’abbattimento del regime talebano, i ribelli uzbeki sono andati a combattere contro le truppe occidentali.   Per contrastare la crescente pressione russa e la ribellione interna nella regione di Andijan, nel 2005 Tashkent votò una legge che proibiva qualsiasi presenza  militare straniera su suolo uzbeko, costringendo così gli Stati Uniti a chiudere l’unica base aerea nel paese. Ma dopo aver deciso di incrementare il contingente in Afghanistan di 30.000 unità, gli Stati Uniti hanno siglato un patto con la Russia per l’utilizzo di un nuovo corridoio di rifornimento che attraversa il territorio dell’Asia centrale – incluso l’Uzbekistan – dato che la via che attraversa il Pakistan è piuttosto vulnerabile.   Dopo l’annuncio del “surge”, il numero di ribelli usciti dall’Afghanistan e diretti in territorio uzbeko è aumentato in misura considerevole. Gli stati dell’Asia centrale hanno sempre osservato con molta preoccupazione i flussi di militanti islamici nella regione. Il Tagikistan ad esempio per contrastare i ribelli ha invitato l’esercito russo nel paese, ma l’Uzbekistan, tradizionalmente più indipendente, non ha intenzione di chiedere aiuto al Cremlino. Karimov invece vuole isolare i ribelli che vivono in Uzbekistan da quelli che vivono all’estero, individuare le cellule che operano all’interno del paese e smantellarle. La guerra in Afghanistan però è tutt’altro che finita e la ribellione non accenna a placarsi, quindi le forze di sicurezza uzbeke non hanno nessuna possibilità di controllare il flusso degli islamisti nella regione – almeno per ora.   A cura di Davide Meinero

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