5 febbraio 2010
Sin dall’11 settembre 2001 buona parte dei politici, degli analisti e dei vertici militari parlano della guerra contro al Qaeda come della guerra contro il ‘terrorismo internazionale’. Ma questa definizione è piuttosto imprecisa. Daniel G. Cox, professore associato della scuola militare di Fort Leavenworth (Kansas), in uno stimolante saggio (vedi sotto, in allegato) sostiene che gli Stati Uniti in verità stanno fronteggiando un’‘insurrezione globale’ fomentata (anche) da al Qaeda, che mira a rovesciare l’attuale sistema e a instaurare un califfato islamico a livello mondiale.
L’Occidente si è reso conto tardi che negli ultimi decenni c’era un aumento di attività terroristica nel mondo, come reazione alla globalizzazione. Al Qaeda invece ha immediatamente capito queste reazioni e ha approfittato di questa ondata di paura e di rifiuto della globalizzazione per inserirsi nei movimenti insurrezionali di vario tipo in vari angoli del pianeta, e ottenerne le simpatie.
Di fatto al Qaeda vuole:
· che gli Occidentali ‘imperialisti’ abbandonino il Medio Oriente e non interferiscano più con la politica araba;
· che i leader dei paesi arabi considerati ‘apostati’ vengano scalzati dal potere per permettere la nascita del Califfato Islamico;
· che i ‘colonizzatori’ israeliani rinuncino alle loro aspirazioni – ovvero rinuncino allo stato di Israele.
La struttura di al Qaeda è particolarmente mobile e può essere descritta come ‘una struttura a dune’: proprio come la sabbia nel deserto migra da una parte all’altra trasportata dal vento, allo stesso modo al Qaeda quando è incalzata dagli eserciti ha l’abilità di sparire da una regione per ricomparire in un’altra.
Un po’ di storia
Al Qaeda è nata intorno alla fine degli anni ’80 dopo la vittoria dei Mujaheddin contro l’esercito sovietico in Afghanistan - allora infatti Osama bin Laden costruì una prima cellula in Sudan lavorando a stretto contatto con il governo sudanese, che gli offriva un rifugio sicuro in cambio di investimenti nell’economia del paese. Quando le attività di al Qaeda iniziarono a minacciare le attività occidentali nella regione, gli Stati Uniti esercitarono una forte pressione sul governo di Khartoum costringendolo ad espellere bin Laden e la sua cerchia di collaboratori.
Lo sceicco saudita trovò quindi rifugio in Afghanistan, dove iniziò a collaborare con il governo islamico dei Talebani – che rimase al potere dal 1996 al 2001. In questo periodo al Qaeda riuscì ad estendere le operazioni in varie aree del Medio Oriente e oltre, legandosi a numerosi gruppi insurrezionali che combattevano contro i propri governi e facendo propria la causa salafita fondamentalista.
Sin dai primi anni al Qaeda ha cercato di fare breccia nel Sudest asiatico approfittando della povertà generalizzata, della scarsa scolarizzazione, delle scarse misure di sicurezza lungo i confini e del diffondersi dell’Islam Wahabita e Salafita. Nello stesso periodo al Qaeda ha contribuito a rafforzare i fondamentalisti pakistani, che all’epoca in cui i Mujaheddin combattevano contro i Sovietici godevano anche dell’appoggio del governo Pakistano. Dopo la vittoria dei Mujaheddin il fondamentalismo islamico è cresciuto a dismisura in Pakistan – le madrasse fondamentaliste si sono decuplicate.
In seguito all’invasione dell’Afghanistan nel 2001 i vertici di al Qaeda si sono rifugiati nella Frontiera Nordoccidentale del Pakistan. All’inizio gli analisti ritenevano che la cellula terroristica fosse stata gravemente danneggiata negli scontri, ma con gli attentati in Spagna e Gran Bretagna al Qaeda dimostrò di avere ancora una efficiente capacità operativa anche su suolo europeo.
Implicazioni
Al Qaeda usa il terrorismo come uno strumento di propaganda mondiale - per richiamare l’attenzione dei movimenti insurrezionali con cui stabilire legami – specialmente in Medio Oriente, nel Sudest asiatico e in Somalia – in modo da portare avanti il progetto del califfato e ritornare all’Islam delle origini.
Dato che l’instabilità politica crea le condizioni ideali per l’espansione di al Qaeda, la comunità internazionale dovrebbe porre maggiore attenzione alle situazioni critiche nei paesi sottosviluppati e battersi con maggiore convinzione contro la povertà e le violazioni dei diritti umani da parte dei governi di quei paesi. Altrimenti i terroristi potrebbero legarsi ai gruppi locali che lottano per ottenere maggiori diritti e spingerli a sposare la causa jihadista globale in cambio del loro appoggio a livello locale.
A cura di Davide Meinero
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