Il 'miracolo' è che l’economia palestinese è il solo luogo al mondo dove il Pil pro capite è meno della metà del reddito disponibile pro capite. Il che è il risultato di tre fattori:
1. I palestinesi non producono quasi niente. La maggior parte del loro Pil proviene dalle spese governative della stessa Autorità Palestinese.
2. I palestinesi ricevono immense somme donate dal resto del mondo.
3. Il prelievo fiscale è praticamente sconosciuto, a parte le tasse all'importazione raccolte, per conto dell'Autorità Palestinese, dal governo israeliano, che ogni mese procaccia all’Autorità Palestinese 450 milioni di shekel (grossomodo 120 milioni di dollari): il che ammonta a circa al 40% del budget dell’Autorità Palestinese.
Il risultato è chiaro: basso Pil, ma alto reddito disponibile. Insomma, un vero prodigio economico.
La situazione è persino più estrema nella striscia di Gaza, dove l’Autorità Palestinese spende il 57% del proprio budget. Il primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad paga salari e prebende a 150.000 persone, decine di migliaia delle quali tuttavia non lavorano, mentre altre ricevono doppi salari: uno da Fayyad e l’altro da Hamas. Ecco perché le uniche industrie attive nella striscia di Gaza sono l’importazione attraverso il contrabbando via tunnel e il mercato immobiliare: il surplus di cassa nelle banche di Gaza le spinge a offrire mutui, e ciò si traduce in una crescita dei prezzi immobiliari.
L’ex ministro delle finanze nel governo Fayyad ha espresso il concetto in modo vivido in un’intervista a Le Monde. Ha detto che gli Europei non si rendono conto che i loro soldi finanziano di fatto Hamas. Hamas non sa che farsene di tutto il denaro che si ritrova nelle tasche, e così compra immobili. Risultato: il prezzo degli immobili di livello alto sul lungomare di Gaza è aumentato del 300%. Il denaro che proviene dall’Unione Europea e dalle tasse riscosse da Israele alla fine arriva a Hamas, ha sottolineato l’ex ministro palestinese.
Quando Hamas prese il potere, ci si aspettava che Fayyad garantisse (in linea con le richieste della comunità internazionale) che i salari che pagava non finissero nelle mani di Hamas. Ed egli procedette effettivamente alla rimozione di 20.000 persone dalle sue liste paga, salvo due mesi più tardi aggiungere più di 10.000 di quelle persone alla lista di coloro che ricevono prebende governative. Così facendo, Fayyad dimostrò di conoscere anche lui molto bene il concetto palestinese del 'far rientrare dalla porta quello che è stato cacciato dalla finestra'.
Sul versante della sicurezza, il primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad conta sulle Forze di Difesa e sui servizi di sicurezza israeliani. Benché sostenga che forze armate israeliane non debbano essere operative “nel territorio dello stato palestinese”, sa di non avere il controllo del terreno: non ce l’ha nella striscia di Gaza, che egli sogna di riunificare alla Cisgiordania, e non l’ha nemmeno nel suo cortile di casa di Cisgiordania.
Se Fayyad è davvero interessato e in grado di riunificare Gaza e Cisgiordania, quando è come intende farlo?
Tornando all’economia, circa due anni fa la Banca Mondiale chiedeva che Fayyad non solo tagliasse gli stipendi dell’Autorità Palestinese (finora, nessun risultato), ma anche che abbattesse la seconda più importante voce del budget dell’Autorità Palestinese: i pagamenti per coprire le bollette di luce e acqua che gli abitanti dell’Autorità Palestinese si rifiutano di pagare (il debito accumulato per la sola bolletta elettrica dagli abitanti di Gaza si aggira sui 2,7 miliardi di dollari). Questa voce di spesa, che rappresenta circa l’8% del budget dell’Autorità Palestinese, viene nascosta da Fayyad sotto la rubrica: “net lending” (finanziamenti esterni).
In apparenza Fayyad addebita alle municipalità locali il pagamento dell’elettricità fornita da Israele ai loro residenti; ma in realtà immediatamente “presta” loro il denaro necessario al pagamento. In questo modo figura come se si trattasse di un debito delle autorità locali verso il Tesoro dell’Autorità Palestinese.
Due anni fa tentò di costringere i residenti ad esibire attestazioni di pagamento delle loro bollette elettriche prima di ricevere le indennità dal governo. Immediatamente il “settore servizi pubblici” dell’Autorità Palestinese lanciò uno sciopero d’avvertimento, Fayyad capì l’antifona e da allora ha lasciato perdere la richiesta che le bollette venissero effettivamente pagate.
Poche settimane fa il primo ministro palestinese se n’è uscito con una soluzione originale: giacché egli versa somme immense per gli stipendi di decine di migliaia di ufficiali della sicurezza a Gaza che in realtà non lavorano più da quando Hamas ha preso il potere nella Striscia, Fayyad ha alzato i loro salari del 4%, ottenendo persino dei fondi dall’Unione Europea per questo. Allo stesso tempo, però, defalcava un’analoga somma da quegli stessi salari, come pagamento per le bollette elettriche. Risultato: erano tutti contenti, finché le autorità di Hamas non hanno scoperto la cosa. Considerandola finanziariamente svantaggiosa per il loro governo, per tutta risposta bloccarono i versamenti all’authority palestinese per il carburante. Questa fu l’origine della recente crisi del carburante nell’Autorità Palestinese.
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