Il 12 febbraio 2010 il presidente russo Dmitri Medvedev si è dichiarato favorevole alla proposta di Igor Sechin, secondo cui il governo russo dovrebbe detenere il monopolio sulle esportazioni di petrolio. Se il piano di Sechin andasse in porto, lo stato aumenterebbe notevolmente gli introiti provenienti dall’esportazione del petrolio e dei suoi derivati – che nel 2009 hanno toccato quota 50 miliardi di dollari.
Attualmente l’azienda statale Transneft, oltre ad avere il monopolio degli oleodotti, controlla l’80% delle esportazioni. Il resto del petrolio – raffinato e non – viene esportato su nave, treno o gomma (autocisterne), che Transneft non controlla. Nella proposta di Sechin chi trasporta prodotti petroliferi dovrà informare Transneft – e il governo ha annunciato che sorveglierà con attenzione i trasporti su gomma o su rotaia.
La Russia si avvia quindi verso un’ulteriore centralizzazione del settore petrolifero. Negli ultimi anni anche l’industria del gas è stata nuovamente statalizzata quasi per intero – Gazprom infatti controlla ormai tutte le esportazioni.
Subito dopo il crollo dell’URSS lo stato aveva svenduto il 70% del settore petrolifero, ma con l’ascesa di Putin vi è stata un’inversione di tendenza e a poco a poco il Cremlino ha riconquistato il controllo sul petrolio del paese.
L’ascesa di Mosca sembra dunque inarrestabile, specialmente ora che il governo ha i mezzi per riprendere il controllo delle risorse energetiche – e geopolitiche – e che l’Ucraina è rientrata nella sfera d’influenza russa, dopo l’elezione di Yanukovich.
A cura di Davide Meinero
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