Il 20 maggio 2010
il presidente francese Nicolas Sarkozy ha dichiarato di voler emendare la costituzione per far sì che i futuri governi stabiliscano anticipatamente gli obbiettivi di budget da raggiungere nei cinque anni di governo. In questo modo i governi francesi saranno costretti a varare piani quinquennali contenenti il piano di spesa per tutti gli anni della legislatura.
Di fatto
la riforma mira a limitare il deficit, passato dal 3,4% del 2008 all’8,2% di quest’anno. Ogni cinque anni il governo dovrà fissare la differenza fra entrate e uscite pubbliche, e il consiglio costituzionale dovrà verificare il piano di attuazione anno per anno.
Nel settembre del 2009 la Germania aveva preso una decisione simile, ma si era spinta oltre ponendosi il limite dello 0,35% per il 2016. La Francia vuole dimostrare di essere perfettamente in linea con la politica di Berlino e di saper porre freno alla spesa pubblica allontanandosi dalla zona pericolo in cui si trovano tuttora Spagna, Portogallo, Italia e Grecia.
Parigi vuole dimostrare che i conti pubblici sono assolutamente sotto controllo - anche se le banche francesi sono ancora esposte per un valore di circa 814 miliardi di euro (pari al 43% del PIL). Ironicamente il piano di riforma economica dell’eurozona proposto dalla Germania, basato sulla ‘governance economica’ è simile a quello proposto da Sarkozy nell’ottobre del 2008, all’insorgere della crisi finanziaria globale – ma venne allora rifiutato dai Tedeschi,.
Sarkozy ha optato per la riforma costituzionale per dimostrare di essere al pari della Merkel, e soprattutto per costringere il suo successore - nel caso in cui perdesse le elezioni del 2012 – a proseguire sulla via del risanamento. Tuttavia per riformare la costituzione in Francia occorrono i voti dei tre quinti del parlamento, e dunque il compito di Sarkozy potrebbe rivelarsi più difficile del previsto.
Che cosa farà ora l’Italia?
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