Il 23 maggio il ministro degli affari esteri Sergei Lavrov ha criticato il discorso del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, il quale aveva accusato i Russi di collaborare con gli Stati Uniti. Di fatto
a Teheran l’atmosfera si sta facendo pesante, perché gli ayatollah temono che Mosca abbia ormai deciso di avvicinarsi all’Occidente. Negli ultimi mesi infatti il regime iraniano ha criticato più volte i Russi – sia per i ritardi nella costruzione della centrale nucleare di Busher che per il ritardo sulla vendita del sistema missilistico S-300.
I vertici russi, intenzionati a modernizzare la propria economia, hanno assolutamente bisogno dell’assistenza dell’Occidente per ottenere nuova tecnologia, e per questa ragione hanno rimesso in discussione alcuni capisaldi della propria politica estera. Teheran però è perfettamente consapevole che senza il suo alleato più potente potrebbe soccombere alle pressioni degli Stati Uniti.
Questo non significa che Mosca voglia avvicinarsi all’ Occidente né tantomeno chiudere i rapporti con l’Iran, che funge da ottima arma di ricatto verso gli Stati Uniti. Ancora di recente il Cremlino ha ribadito che la centrale di Bushehr verrà terminata entro la fine dell’estate e che il sistema S-300 verrà consegnato agli Iraniani a breve.
Mosca si muove cautamente, perché teme di perdere influenza sui paesi alla sua periferia. Nell’ottica iraniana però un qualsiasi cambiamento equivale ad un tradimento: infatti
l’Iran, esposto sul fronte meridionale (sul Golfo Persico), ha bisogno di sentirsi protetto da un alleato sicuro a nord. La sola prospettiva di una Russia filoccidentale rischia di mandare in frantumi la strategia su cui si è basata finora la Repubblica Islamica.
A cura di Davide Meinero
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