7 GIUGNO 2010
A poche ore dalla nostra breve analisi sottostante, in cui ci chiedevamo come l'Iran avrebbe reagito alla mossa turca, l'Iran ha fatto la sua contro-mossa: manda una spedizione navale a Gaza, sotto il nome di 'convoglio umanitario'. Il piano demagogico di Erdogan (creare cinicamente un grave incidente per dimostrare che la Turchia sa imporsi ad Israele e risolvere il problema palestinese, dunque gli Arabi debbono affidarsi alla forza e alla capacità di guida dei Turchi), questo piano sta mostrando subito i punti deboli, e sta dando ragione a quanto va dicendo il governo israeliano, e di cui è ben consapevole anche il governo egiziano - che infatti non vuole togliere il blocco a Gaza: Gaza è una base dell'Iran nel Mediterraneo, e aprire le porte di Gaza significa aprire il Mediterraneo all'Iran. E in breve tempo mettere a repentaglio la sicurezza non soltanto di Israele, ma di tutto il mondo arabo. Con inevitabile coinvolgimento dell'Europa.
Ora gli unici che hanno l'autorità, la forza e quindi il dovere di mettere una toppa a questo brutto laceramento nella coesione della NATO sono gli USA. Lo farà Obama?
6 GIUGNO 2010
Un portavoce di Fatah, Ahmed Assaf, ha dichiarato il 4 giugno 2010 che Fatah ha inviato emissari a Gaza per discutere di un riavvicinamento fra Hamas e Fatah, anche in occasione della spedizione navale turca a Gaza, e che Hamas ha rifiutato di incontrarli.
La reazione internazionale all'attacco della marina israeliana alla spedizione navale turca per Gaza ha indotto l'Egitto ad aprire parzialmente e per breve tempo il valico di Rafah alla popolazione di Gaza. Ed ha provocato condanne di Israele da parte di molti governi. Questo costituisce un successo per Hamas, che in questo momento ritiene di non aver più bisogno di un riavvicinamento a Fatah (sollecitato dallo stesso Hamas alcuni mesi fa), perché la sua posizione si è rinforzata.
La Turchia ha lanciato la spedizione navale per acquisire grande autorità e prestigio agli occhi delle popolazioni arabe e islamiche, prestigio su cui far leva - presumibilmente - per spingere Hamas e Fatah a un accordo, e mostrare così agli USA e al mondo intero che la Turchia riesce là dove tutti hanno fallito sino ad ora, ed è dunque l'unica potenza che può davvero garantire l'equilibrio degli assetti in Medio Oriente. Siria e Iran non vogliono questo riavvicinamento, sapendo che porterebbe alla diminuzione del proprio potere nella regione e all'allontanamento di Hezbollah e di Hamas dagli interessi iraniani e siriani.
Lo stesso 4 giugno Mahmoud Ahmadinejad e Bashar al Assad hanno avuto un lungo colloquio telefonico. È probabile che abbiano discusso di come affrontare la nuova situazione creata da questa diretta ingerenza turca in quello che Iran e Siria considerano loro territorio politico, ingerenza chiarissima dopo il discorso di Erdogan che ha negato vigorosamente che Hamas sia una organizzazione terroristica.
È molto probabile che Iran e Siria, al di là delle dichiarazioni diplomaticamente corrette, lavoreranno per evitare il riavvicinamento fra Fatah e Hamas sotto l'egida della Turchia. Quale sarà la loro prossima mossa? Non è facile immaginarla.
E che posizione assumeranno ora gli Stati Uniti, alleati della Turchia e di Israele, che si trovano a dover in qualche modo 'scegliere' fra i due amici tradizionali nella regione? Sceglieranno il più forte - cioè la Turchia?
Laura Camis de Fonseca
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