Di Harold Rhode
Harold Rhode dal 1982 al 1994 è stato analista e/consulente del Pentagono per Turchia, Iran e Iraq. Attualmente è consulente dello Hudson Institute, New York.
Qui di seguito diamo un riassunto della sua conferenza del 4 marzo 2010 all’Istituto per gli Affari Contemporanei a Gerusalemme.
Sulle macerie dell’Impero Ottomano Ataturk fondò uno stato moderno e democratico, introducendo per la prima volta nel mondo islamico l’idea di laicità e secolarismo. La nuova identità turca secondo Ataturk doveva basarsi non sulla solidarietà religiosa, bensì sul concetto occidentale di stato-nazione. Oggi però i mussulmani turchi sono divisi fra quelli che vogliono entrare nella cultura occidentale e quelli che vorrebbero invece ritornare al concetto della solidarietà islamica. Ma non seguendo le tradizioni dell’Islam ottomano, bensì seguendo le tradizioni di un Islam antioccidentale ispirato ai principi del Wahabismo saudita.
Non si capisce fino a che punto l’attuale governo voglia davvero entrare a far parte dell’UE. Dunque quando i leader europei insistono nel dire che non c’è posto per la Turchia in Europa, fanno un favore a quelle forze islamiche turche che affermano: ‘l’UE è un’unione cristiana che non ci accetterà mai, e per questo dobbiamo rivolgerci ai nostri fratelli mussulmani’.
Gli Americani hanno commesso molti errori, confondendo spesso fra di loro gli estremisti e i moderati e quindi garantendo agli estremisti – pur involontariamente - una certa legittimità.
Se in Turchia riemergerà una forma di Islam moderato, dovrà avere la forza di contrastare la violenza del Wahabismo e le tentazioni dell’estremismo.
L’invenzione dell’identità turca moderna
Nel XIX secolo i Turchi Ottomani presero in prestito la parola araba watan per introdurre il concetto di solidarietà su base geografica, come lealtà comune all’entità geografica dell’Impero Ottomano. Fino ad allora la parola si riferiva alla lealtà verso la località di nascita.
La definizione di identità legata ad un luogo e ad un linguaggio è un concetto europeo – non un concetto islamico o mediorientale. In Medio Oriente l’identità è definita dalla religione e dalla genealogia - che assume poi la forma di etnia. Gli Ottomani cercarono di instillare il concetto di lealtà su base territoriale ai cittadini dell’impero. Ma fu Mustafa Kemal Ataturk, fondatore della Repubblica Turca, a creare l’identità turca sulle macerie dell’Impero Ottomano ed a spingere il paese sulla strada della democrazia.
Dopo la Guerra di Indipendenza Turca, terminata nel 1923, bisognava dare un nome al paese. Scegliendo il nome ‘Turchia’ e ‘Turchi’ – il gruppo etnico più numeroso – Ataturk e i suoi seguaci crearono timore nelle minoranze non turche – soprattutto fra i Curdi. Ataturk considerava Turchi tutti coloro che vivevano all’interno dei confini della Turchia, indipendentemente dalla religione e dall’etnia. Ma la parola ‘Turco’ veniva utilizzata anche per descrivere l’identità etnica, il che spinse i non Turchi a domandarsi quale sarebbe stato il loro ruolo nel futuro stato. E dato che non erano Turchi, il doppio e ambiguo significato della parola Turco (riferito sia all’identità etnica che a quella nazionale) li spinse a chiedersi se avrebbero mai potuto essere cittadini della nuova repubblica.
Se Ataturk avesse chiamato il nuovo paese ‘Anatolia’ forse questo problema non sarebbe nato. Anche la Gran Bretagna aveva un problema simile, che ha risolto separando l’identità politica da quella etnica: si usa infatti la parola ‘britannico’ per parlare del paese come entità politica, e il termine Inglese, Scozzese, Gallese, e Irlandese per indicare l’identità etnica.
Il ruolo dell’esercito in Turchia
A differenza delle altre nazioni europee, l’esercito in Turchia ha il compito di proteggere la repubblica democratica creata da Ataturk. Quando la laicità dello stato viene messa a repentaglio oppure il paese finisce nel caos, l’esercito interviene e ripristina l’ordine. Questo principio è stato inserito nella costituzione turca al momento della sua fondazione, e infatti ogni volta che il secolarismo è stato messo a repentaglio, l’esercito ha fatto il suo dovere. Ci sono stati tre colpi di stato in Turchia, ma a differenza degli altri paesi i soldati, dopo aver ripristinato l’ordine, sono ritornati nelle caserme.
Quando il primo ministro islamista Necmettin Erbakan si spinse troppo oltre alla fine degli anni ’90, l’esercito gli inviò un avvertimento intimandogli di ritirarsi – si trattò forse del primo colpo di stato ‘post-moderno’. Questo conferma che l’esercito è guardiano e non padrone della repubblica.
La lotta fra Islam politico e Stato
Chiaramente la popolazione dell’Anatolia, costretta a cambiare il modo in cui si percepiva, ne rimase turbata e sconvolta. Non c’è da stupirsi se l’identità islamica e l’identità turca nazionale sono entrate in collisione: si tratta infatti di una battaglia fra chi preme per entrare nella cultura occidentale e punta sull’identità turca nazionalista, e chi invece continua a riconoscersi nell’identità islamica.
Ma gli attuali Islamisti non praticano l’Islam ottomano, al contrario professano una versione dell’Islam basata sui principi del Wahabismo e sulle idee fanatiche dello studioso medioevale Ibn Taymiyya. Per capire la differenza fra le due versioni, proviamo ad immaginare che il Ku Klux Klan prenda il potere in Texas e sfrutti le risorse petrolifere per promuovere la sua versione radicale del Cristianesimo. Ebbene, la differenza fra Wahabismo e Islam tradizionale è altrettanto grande. Purtroppo però al giorno d’oggi il Wahabismo è promosso in tutto il mondo musulmano, compresa la Turchia. Il problema non è l’Islam, ma l’Islamismo.
Nel 1980, prima di diventare responsabile per la Turchia presso il Ministero della Difesa, sono stato consulente per gli affari turchi di Richard Perle, Vicesegretario alla Difesa per la sicurezza politica internazionale. Allora visitavamo spesso la Turchia e andavamo nelle librerie del Ministero della Religione, e ogni volta mi stupivo di trovare tanti libri anti-occidentali, antiamericani e anti-israeliani a così basso prezzo e così ben rilegati. Il governo non aveva il denaro per pagare questi libri, che venivano invece finanziati dai Wahabiti. Ma siccome erano in turco, lingua poco conosciuta in Occidente, i diplomatici europei e statunitensi non avevano idea di che cosa contenessero quei libri – e se lo sapevano ignoravano deliberatamente il problema.
Quando l’attuale governo venne eletto nel novembre del 2002, alcuni dei suoi consiglieri raccontarono a noi americani esattamente quello che volevamo sentirci dire. Vista la nostra ossessione nel cercare continuamente ‘islamici moderati’ gli lasciammo dire quel che volevano farci credere. Uno dei consiglieri del primo ministro mi disse più volte: ‘Non arriva denaro wahabita in Turchia’. Gli risposi: ‘Perché state costruendo delle magnifiche moschee nelle aree più povere del paese ?’ Mi rispose che le organizzazioni locali si erano occupati della costruzione. E allora io aggiunsi: ‘Nel mondo musulmano il denaro wahabita è ovunque. Lei mi sta dicendo che la Turchia è uno dei paesi più importanti del mondo islamico. Non è curioso che sia l’unico paese in cui non arriva quel denaro?’
Islamizzazione politica
L’islamizzazione politica della Turchia si sviluppa su più basi.
Primo, c’è il problema della discriminazione religiosa. Ad esempio fra un quarto e un terzo dei Turchi non è sunnita, bensì Alavita (il nome deriva da Ali, cugino e cognato di Maometto, venerato dagli sciiti e da altri gruppi mediorientali). Gli Alaviti pregano in case comuni chiamate cemevis, non nelle moschee. Le autorità ufficiali sostengono che le cemevisnon sono centri religiosi, e per questo non vengono finanziate. È possibile che il governo stia discriminando gli Alaviti per favorire invece i Sunniti? Le stesse autorità sostengono che gli Alaviti hanno l’abitudine di pratiche immorali. I Sultani ottomani dicevano esattamente le stesse cose degli Iraniani, con cui l’attuale governo turco sta invece cercando un’alleanza.
Secondo, l’UE ha favorito l’islamizzazione dell’ambiente politico turco. Fino a quando in Turchia vi sarà ancora la speranza di entrare nell’Unione, l’esercito e l’establishment secolare si asterranno dall’intervenire a protezione della repubblica dall’attacco degli Islamisti, perché consapevoli del fatto che Bruxelles li condannerebbe seduta stante. Non è chiaro se il governo turco, indipendentemente da quello che dice, voglia davvero entrare nell’UE. Quando i leader europei dichiarano che ‘non c’è spazio per la Turchia in Europa’ fanno un favore agli Islamisti che sostengono: ‘l’UE è un club cristiano che non ci accetterà mai, quindi dobbiamo rivolgerci ai nostri fratelli musulmani’.
Terzo, le azioni degli Stati Unti non sempre hanno migliorato la situazione. Ad esempio all’inizio degli anni ’90 il leader del partito fondamentalista Necmettin Erbakan era apertamente e radicalmente anti-occidentale, alleato delle forze più radicali del Medio Oriente. Ma per la solita voglia di trovare dei ‘Musulmani moderati’ l’ambasciatore americano del tempo decise di incontrarlo pubblicamente, legittimandolo politicamente come ‘moderato’. E questo perché secondo la cultura turca il fatto di incontrare qualcuno è più importante di quello che si dice durante l’incontro, e dunque i Turchi pensarono che gli Americani fossero in sintonia con Erbakan. L’establishment secolare turco e i militari si sentirono imbarazzati e offesi, traditi dall’Occidente, dall’Europa e dagli Stati Uniti. Sfortunatamente i tentativi di creare contatti con le forze moderate dell’Islam ci hanno fatto perdere la stima di quelli che condividevano i nostri stessi valori.
Erbakan alla fine divenne primo ministro, ma con molte limitazioni. Il suo tentativo di islamizzare la società turca fallì, il suo partito venne espulso dalla politica perché accusato di voler rovesciare la repubblica secolare che Ataturk aveva creato. L’attuale primo ministro Recep Tayyip Erdogan, allora pupillo di Erbakan, capì che solo attraverso un approccio graduale avrebbe potuto avere successo.
I tiranni islamisti al governo
L’attuale governo sta infiltrando ogni settore della società, dall’amministrazione pubblica alle aziende, dalle scuole ai giornali. Come è cambiata la vita dei Turchi? Natan Sharansky ricorreva a quello che viene chiamato il ‘test del villaggio’. Una persona può andare in piazza e dichiarare apertamente che non gli piace il governo? Può parlare liberamente? Io mi sono recato regolarmente in Turchia dal 1968. Le persone allora parlavano molto di politica, ma ora non è più così. Oggi i Turchi hanno paura.Mi intristisce vedere ciò che sta accadendo a un paese così laborioso, una volta all’avanguardia nel guidare l’Islam alla modernità.
La battaglia per l’identità turca non è ancora finita. Le forze laiche attendono sotto la superficie. Esistono tuttora numerosissimi laici appassionati – benché disorganizzati. Se le cose non cambieranno, presto la Turchia prenderà il posto dell’Iran. L’Iran invece, dopo terribili anni di esperienza islamista, potrebbe finalmente rientrare nella comunità delle nazioni, mentre la Turchia potrebbe trasformarsi nella forza più antioccidentale e radicale. E sarebbe davvero triste per i Turchi, uno dei popoli più interessanti e laboriosi del mondo islamico, e potenzialmente molto pericoloso per il mondo.
Traduzione: Davide Meinero
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