Il 12 giugno scorso il Generale David Petraeus, capo del Comando Centrale degli USA, ha dichiarato che l’Afghanistan ha un ‘potenziale economico enorme’, e dopo questa affermazione si è levato un coro mediatico sui giacimenti minerali del paese, che ha destato molta attenzione a livello internazionale. Le attuali informazioni derivano da due studi effettuati fra il 2006-2007 dal Servizio Geologico degli Stati Uniti, dall’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale e dai geologi afgani, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2007.
Il gran chiasso che si fa proprio ora sul potenziale minerario dell'Afghanistan deve avere qualche obbiettivo politico regionale, non trattandosi di nuove scoperte né di nuove rivelazioni.
La stessa configurazione geologica dell'Afghanistan fa ritenere che il sottosuolo sia ricco di minerali, anche senza condurre esplorazioni.
Sulla via dell'estrazione si sono già effettuati passi concreti: il Gruppo Metallurgico Cinese ha già deciso di investire 3 miliardi di dollari, cui ne verranno aggiunti altri 400 milioni per assicurarsi i diritti sullo sfruttamento della miniera di rame di Aynak, nella provincia di Logar. L’anno scorso sono stati effettuate le prime perforazioni, e attualmente è in corso la costruzione di un accampamento temporaneo. Presto verranno costruite centrali elettriche e fonderie.
A 100 km a Ovest di Kabul, nella provincia di Bamyan, è stato scoperto un giacimento di minerali ferrosi, ma la Cina si è ritirata dall’appalto a causa di uno scandalo per corruzione.
Il caso cinese dimostra che esistono ancora molti ostacoli agli investimenti stranieri: mancanza di infrastrutture appropriate, procedure difficili, scarsa sicurezza, corruzione dilagante, negoziati poco trasparenti, etc. L’Afghanistan è tuttora un paese sottosviluppato, estremamente carente sul piano infrastrutturale – ad esempio non esistono collegamenti ferroviari con l’esterno. Senza strade e senza ferrovie non si può dare il via all’estrazione dei minerali per venderli sui mercati.
È possibile sviluppare infrastrutture di base in Afghanistan, ma occorrono grandi investimenti, i cui costi renderebbero troppo cari i minerali sul mercato mondiale.
A meno che tali investimenti non vengano considerati un investimento geopolitico di lungo periodo, non un investimento produttivo da recuperare sul mercato. Forse la campagna di stampa orchestrata in questi giorni sui giacimenti afgani ha proprio questo scopo: costruire un consenso su eventuali investimenti di base in Afghanistan.
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