20 giugno 2010
L’Ungheria ha annunciato che negozierà un nuovo prestito con il FMI il prossimo autunno, alla scadenza di quello contratto nel 2009, e che forse rivedrà al ribasso il budget statale del 2010. Questa notizia potrebbe destare nuove preoccupazioni negli investitori.
Non soltanto l’Ungheria, ma tutti i paesi dell’Est Europa (eccetto la Slovacchia) fino al 2008 hanno contratto prestiti in valuta straniera per usufruire dei bassi tassi d’interesse dell’Euro e del Franco svizzero. A partire dal marzo 2009 il volume dei prestiti in valuta estera è andato diminuendo – ma non è mai cessato del tutto.
L’Ungheria si trova in una situazione delicata: il debito pubblico ungherese ha recentemente raggiunto il 130% del PIL, e dato che oltre la metà di questo è in valuta straniera, Budapest (che non appartiene all’eurozona) è in balia della fluttuazione del cambio – se il Forint perde di valore rispetto all’Euro il debito pubblico aumenta ulteriormente.
I paesi dell’Est però mostrano anche segnali positivi.
1)
Budapest ad esempio ha ritirato soltanto 15 miliardi di euro del prestito messo a disposizione da UE ed FMI (pari a 25 miliardi di euro), e non li ha nemmeno spesi tutti. Infatti grazie alla ripresa economica l’Ungheria è riuscita già nel 2009 a far ricorso al normale mercato finanziario internazionale. Il nuovo prestito serve all’Ungheria per aver più spazio di manovra, il che dovrebbe rassicurare i mercati.
2)
Negli ultimi mesi il valore del Forint è cresciuto del 16% rispetto all’Euro, lo Zloty (Polonia) del 22%, la Corona (Repubblica Ceca) del 15%, il Leu (Romania) del 7%. Si tratta di un segnale positivo, dato che buona parte del debito pubblico di questi paesi è in valuta straniera – soprattutto in Euro.
A partire da maggio però il prezzo delle valute dell’Est ha ripreso a scendere, il che significa che gli investitori hanno ripreso a scommettere sull’instabilità finanziaria della regione.
A cura di Davide Meinero
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