Il 20 giugno 2010 il ministro degli esteri Celso Amorim ha dichiarato al Financial Times che il Brasile non ha più intenzione di mediare sul nucleare iraniano. Il presidente Luis Inacio da Silva pare abbia deciso di gestire la questione iraniana con maggiore cautela.
Le nuove sanzioni contro l’Iran del Consiglio di sicurezza dell’ONU hanno neutralizzato gli sforzi diplomatici di Turchia e Brasile - che per questo hanno deciso di votare ‘no’ invece di astenersi, irritando gli USA. Anche altre ragioni hanno spinto il Brasile a fare un passo indietro.
Presto il congresso americano e il parlamento europeo potrebbero approvare misure per colpire il settore energetico e finanziario iraniano. Il Brasile vorrebbe incrementare le vendite di etanolo alla Repubblica Islamica, ma Washington con ogni probabilità vi si opporrà
. Da quando Teheran è riuscita ad aprire una filiale della Banca d’Iran per lo Sviluppo delle Esportazioni a Brasilia
(le sanzioni impediscono l’accesso delle banche iraniane al mercato finanziario americano), il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti osserva con molta attenzione le mosse del Brasile.
Il Brasile ha condotto una lunga battaglia commerciale al WTO contro i sussidi USA alla propria industria cotoniera
. Dopo lunghi negoziati Brasilia ha ottenuto che gli Stati Uniti finanziassero parzialmente l’industria del cotone brasiliana e che venisse rimosso il divieto di esportare carne brasiliana negli USA. Entrambe le concessioni rivestono grande importanza economica per il Brasile, che cercherà di non perderle con atteggiamenti ostili agli USA.
Il Brasile da anni si comporta da potenza egemone in ascesa. L’accordo di scambio sul nucleare iraniano è stato un successo sul piano diplomatico, ma Brasilia sa che irritare troppo gli Stati Uniti caccerebbe il Brasile in un vicolo cieco.
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