5 luglio 2010
Il presidente statunitense Barack Obama ha convertito in legge le sanzioni votate recentemente dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro la Repubblica Islamica. Washington eserciterà maggiori pressioni sulle aziende che commerciano con gli Stati Uniti perché blocchino le esportazioni di benzina e di tecnologia all’Iran.
L’economia iraniana non è assolutamente autarchica.
L’Iran è il quarto maggior produttore di petrolio del mondo (3,8 milioni di barili al giorno), l’esportazione di petrolio grezzo rappresenta oltre il 24% del PIL nonché il 75% delle entrate dello stato. Ma l’industria petrolifera iraniana versa in pessime condizioni per la cattiva manutenzione e la vecchiezza degli impianti, a causa dei mancati investimenti. L’Iran è dunque costretto a importare il 30% della benzina dall’estero e ad acquistare tecnologia, capitali e servizi dall’Occidente per mandare avanti l’economia.
Gli USA e l’UE sperano che le nuove sanzioni riescano a convincere l’Iran a rinunciare al programma nucleare. Ma se che gli Stati Uniti non imporranno il blocco fisico alle importazioni di benzina o alle esportazioni di petrolio la Repubblica Islamica potrà commerciare tramite gruppi illegali organizzati, disposti a correre qualunque rischio pur di ottenere lauti guadagni. L’esempio del programma Oil-for-Food per l’Iraq è un classico esempio di ciò che potrebbe accadere.
Le sanzioni saranno inefficaci se non saranno fatte rispettare con un blocco navale – ma renderanno più difficile la vita alla Repubblica Islamica.
Attualmente le sanzioni in vigore contro la Repubblica Islamica sono tre.
1) La risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1929
Approvata dal Consiglio di Sicurezza ONU il 9 giugno con 12 voti a favore (fra cui Russia e Cina), due contrari (Turchia e Brasile) e un astenuto (Libano).
Le sanzioni prendono di mira 41 aziende, fra cui la compagnia di trasporti della Repubblica Islamica e l’impresa edile Khatam al Anbiya (Ghorb), controllata dai Pasdaran.
Secondo la risoluzione tutti gli stati possono requisire i carichi illeciti e distruggerli. L’Iran ha minacciato di bloccare il traffico di petrolio nello stretto di Hormuz in caso di confisca delle proprie navi.
2) Comprehensive Iran Sanctions Accountability and Divestment Act.
Sono le sanzioni approvate dagli Stati Uniti.
Colpiscono tutte le aziende che forniscono benzina alla Repubblica Islamica – produttori, industrie di trasporto, etc.
In passato l’Iran aveva formato joint ventures con Malesia, Indonesia, Azerbaigian, Regno Unito e Croazia per ottenere la tecnologia necessaria a sviluppare i propri giacimenti e ammodernare le raffinerie.
In base alle nuove sanzioni le aziende che continueranno a vendere benzina e tecnologia industriale alla Repubblica Islamica non potranno più accedere alla Banca Statunitense per l’Import-Export, e non potranno quindi vendere i propri prodotti sul mercato statunitense né stipulare contratti con il governo.
3) La dichiarazione dell’UE contro l’Iran.
Il Consiglio dei Ministri dell’UE ha approvato le sanzioni all’unanimità, e ha passato il compito di deciderne i meccanismi d’attuazione al Consiglio per gli Affari Esteri. A metà luglio dovrebbe uscire la versione definitiva.
Le sanzioni aggiuntive proposte dall’UE mirano a colpire i settori finanziario, energetico, commerciale della Repubblica Islamica. Si tratta di una scelta importante, dato che finora le aziende europee hanno continuato a fornire tecnologia alla Repubblica Islamica. L
e nuove sanzioni intendono bloccare ‘nuovi investimenti, assistenza tecnica e trasferimenti di tecnologie, attrezzature e servizi in ambiti quali raffinazione, liquefazioni e tecnologia LNG (gas naturale liquefatto)’. Dato che l’Iran acquista buona parte della tecnologia dall’Europa, soprattutto dalla Germania, le sanzioni europee creeranno senz’altro problemi al regime iraniano.
Quale sarà l’esito delle sanzioni?
Le sanzioni normalmente vengono rispettate dalle grandi multinazionali, che pur di salvare la reputazione si adeguano immediatamente alle nuove direttive. Sono numerose le aziende che hanno deciso di interrompere le reazioni commerciali con l’Iran:
· l’azienda spagnola Repsol il 28 giugno ha annunciato di essersi ritirata da un progetto a partecipazione mista con la Royal Dutch Shell per lo sviluppo del giacimento di South Pars, in Iran;
· lo stesso giorno l’azienda francese Total ha smesso di vendere benzina all’Iran;
· l’azienda italiana Eni il 29 aprile si è ritirata da un progetto di sviluppo del giacimento di Darkhovin, in Iran;
· l’azienda russa LUKOIL il 7 aprile ha cessato la vendita di benzina all’Iran;
· l’azienda malese Petronas il 15 aprile ha dichiarato che avrebbe smesso di importare greggio dall’Iran;
· l’azienda indiana Reliance Industries il 1 aprile ha interrotto le importazioni di petrolio dall’Iran;
· le aziende svizzere Trafigura e Vitol hanno interrotto le vendite di benzina;
· l’azienda inglese Lloyd a marzo ha dichiarato di volersi adeguare alle nuove sanzioni;
· l’azienda tedesca Munich Re ha dichiarato che non avrebbe più fatto affari con le compagnie di assicurazioni iraniane;
· la compagnia di assicurazioni German Reinsurer Hannover Re AG smetterà di collaborare con l’Iran;
· la compagnia di assicurazioni europea Allianz a febbraio ha dichiarato di voler chiudere tutti i contratti con l’Iran;
· l’azienda tedesca Siemens ha dichiarato a febbraio che avrebbe smesso di fare affari con l’Iran;
· l’azienda svizzera Glencore ha smesso di vendere benzina all’Iran.
Tuttavia il mercato nero è florido, e molte aziende continuano a vendere tramite terzi per evitare le sanzioni. Aziende quali Glencore, Vitol e Trasfigura sono esperte nell’aggirare le sanzioni, mentre Reliance ha continuato a vendere benzina all’Iran attraverso l’azienda malese Petronas e l’azienda kuwaitiana Indipendent Petroleum Group.
Non essendo previsto il blocco navale, le sanzioni difficilmente riusciranno a raggiungere lo scopo prefissato e a scalfire il programma nucleare iraniano.
L’UE e gli USA potranno guadagnare un po’ di tempo dando l’impressione di aver trovato un modo per risolvere la questione nucleare iraniana. Ma al di là della retorica, i risultati saranno alquanto limitati.
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