24 luglio 2010.
Circa 70.000 Serbi vivono in Kosovo a nord del fiume Ibar, ‘imprigionati’ in un nuovo stato di cui non si riconoscono cittadini. I rapporti fra la Serbia ed il Kosovo sono ancora estremamente tesi. L’attuale governo serbo non incita la minoranza serba in Kosovo alla violenza: è un governo moderato, filo occidentale, che vuole portare il paese dentro l’Unione Europea. Pare però che fino al 2020 non ci sia speranza che la Serbia possa diventare membro dell’UE.
Il rischio è che nel frattempo in Kosovo ci siano nuovi scoppi di violenza fra la minoranza serba e la maggioranza albanese, che portino alla riviviscenza del nazionalismo anche in Serbia e all’ascesa al potere di partiti non più filo-occidentali e non più moderati.
L’opinione legale dell’Alta Corte Internazionale sulla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo apre la via a molteplici altre ribellioni e secessioni, in qualunque regione. La diplomazia internazionale ha sempre assunto fino ad ora che i confini degli stati sono intangibili e le secessioni e la creazione di nuovi stati non sono legali senza accordo internazionale, il che significa sostanzialmente senza l’accordo degli altri stati della regione. Ma ora un autorevole parere legale rende legittime le dichiarazioni unilaterali di indipendenza. Anche se il parere della Corte non è vincolante,
si tratta di una innovazione gravida di possibili conseguenze. Tutte le nazioni che non hanno uno stato (i Curdi, ad esempio) e tutte le minoranze nazionali racchiuse in stati più grandi hanno da oggi la possibilità di vedere riconosciuto loro il diritto di costituirsi in stato – se vogliono, e se ci riescono.
A cura di Laura Camis de Fonseca
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