Il 21 settembre 2010 il governo del Kenya ha dichiarato di voler costruire un nuovo porto a Lamu e di volerlo successivamente collegare con un oleodotto ai giacimenti petroliferi del Sudan meridionale. La notizia avrà senz’altro un certo impatto, ora che il referendum sull’indipendenza del Sudan meridionale è alle porte. Se il progetto andrà in porto, il Sudan meridionale potrà svincolarsi economicamente dal Nord.
Nairobi mostra l’intenzione di costruire una rete di trasporto fra il porto di Lamu, l’Etiopia e il Sudan meridionale, integrando così le economie dei paesi limitrofi nella propria rete commerciale.
La costruzione di un nuovo oleodotto fra Sudan e Kenya (vedi mappa a lato) ha un significato geopolitico straordinario, perché potrebbe garantire al Sudan Meridionale, da cui proviene più dell’80% del petrolio sudanese (480.000 barili al giorno), una vera autonomia economica. È molto probabile che al referendum, che si terrà a gennaio del 2011, gli elettori votino a favore della secessione dal Nord.
Khartoum però
non accetterà la spartizione a cuor leggero, e farà tutto il possibile per non perdere il controllo sul petrolio del Sudan Meridionale, intervenendo anche militarmente se necessario.
Nelle attuali condizioni il Sudan meridionale è costretto a esportare il petrolio da Port Sudan sul Mar Rosso, a nord del paese – perciò il nord ha il pieno controllo sulle esportazioni (vedi mappa). Ma con la costruzione del nuovo oleodotto la situazione cambierebbe. In ogni caso il progetto, che costerà almeno $16 miliardi, non sarà terminato prima di cinque anni.
Vista l’entità dell’investimento,
il Kenya sta cercando partner esteri che finanzino il progetto.
Al momento si sono fatti avanti Cina e Giappone, entrambi interessati ad assicurarsi rifornimenti di petrolio dal Sudan, indipendentemente dall’esito del referendum.
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