Nelle scorse settimane in Cina migliaia di distributori nel sud del paese, soprattutto nel Guangdong, sono rimasti chiusi per carenza di carburante. Ora la crisi si è estesa anche ad alcune grandi città (Shanghai, Chongqing, Hefei, Wuhan, Pechino e Dalian).Si tratta di un problema temporaneo, non strutturale, e presto le raffinerie cinesi dovrebbero riuscire ad alleviare il problema aumentando la produzione, ma è interessante capire l’origine della crisi, perché è un esempio delle difficoltà della regolazione pubblica dei meccanismi economici.
L’attuale crisi è stata causata da due fattori:1) la rigidità di pianificazione dei due colossi petroliferi statali SinoPec e PetroChina, che raffinano circa l’85% del petrolio per uso interno (il resto è raffinato da piccole aziende private, che non hanno capacità di stoccaggio di scorte, ma comprano il greggio dalla aziende di stato e lo raffinano a ciclo continuo);
2) la regolazione dei prezzi del carburante da parte dello stato.
La Cina nel 2004 si è trovata ad affrontare una grave crisi di insufficienza di benzina, dopo anni di rapido sviluppo economico e crescente urbanizzazione, per motivi strutturali: le raffinerie non producevano abbastanza.
Ma grazie ad un cospicuo piano di stimolo Sinopec e PetroChina nel 2008 hanno addirittura raffinato petrolio in eccesso rispetto alla domanda – 141,2 tonnellate rispetto a un consumo pari a 136,6 tonnellate.
A maggio 2009 il governo ha stabilito che i prezzi al consumo dei prodotti raffinati vengano variati soltanto nel caso che i prezzi internazionali del greggio cambino di almeno il 4%, e che l’aumento venga applicato al pubblico dopo 22 giorni. Negli ultimi mesi il prezzo internazionale del greggio ha subito rapidi aumenti. Le piccole raffinerie, che non hanno scorte di greggio per 22 giorni, potevano o comperare il greggio a prezzo regolato dalle aziende di stato, oppure rifornirsi sul mercato privato parallelo all’ingrosso – che è modesto ma esiste.
Ma sul mercato privato all’ingrosso i prezzi seguono subito e variazioni di prezzo internazionali, e le aziende di stato PetroChina e Sinopec piuttosto che vendere il greggio a basso costo alle raffinerie private hanno preferito tenerlo e vendere il diesel a prezzo più alto direttamente alle industrie e ai propri distributori. Tutto il settore privato di raffinazione e di distribuzione del carburante si è fermato.
Questo significa che il sistema di regolazione dei prezzi al dettaglio non funziona, e il governo deve cambiarlo.
A peggiorare la situazione è intervenuto il calo di produzione di Sinopec e PetroChina: entrambe hanno iniziato i lavori di manutenzione degli impianti di raffinazione ad agosto, riducendo la produzione dell’1,4% ad agosto e di un altro 1,3% a settembre. Nello stesso periodo però la domanda ha continuato a crescere.
Ora le aziende di stato stanno facendo un grosso sforzo per incrementare la produzione in modo da soddisfare tutta la domanda. Si tratta però di un provvedimento tampone, che non risolve il problema alla radice. La produzione di energia è un settore di importanza strategica, e il governo non vorrà rinunciare a controllarlo e regolarlo, ma trovare un sistema flessibile e regolato ad un tempo stesso non sarà facile.
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